Cosa mi manca per essere felice in questa città

imagesCarissimi
Ci sono dei rari momenti di pausa quotidiana trascorsi magari nel sorseggiare un caffè, nei quali sollevo gli occhi dai miei compiti e mi guardo intorno e mi chiedo: “quale è il livello della qualità della mia vita oggi nella mia città?”
Direte, una domanda così grossa con un tempo così breve a disposizione?
trump-madonnaIl tema è grosso ma qua sta il bello, durante l’ordinaria giornata lavorativa la mia e la vostra attenzione viene convogliata su temi “più importanti” quali quello della frenetica (ma non troppo) ricerca di un nuovo sistema elettorale, oppure su quale sia stata la grande delusione degli estimatori della coerenza di Madonna alla vittoria di Trump, o addirittura dalle scommesse sul colore della prossima cravatta del sindaco della città dello stretto, ma quando mi fermo un attimo non posso non pensare a quale sia la qualità della mia vita al giorno d’oggi.
La tentazione sarebbe quella di consultare le tabelle di “Il Sole 24 Ore”, ma in quel caso, in tali classifiche che ci vedono spesso tra gli ultimi comuni d’Italia, si troverebbero implicazioni economiche e finanziarie che rendono più complessa la valutazione, mentre io mi chiedo soltanto di come dovrebbe essere la qualità dalla mia vita nella mia città e che cosa mi aspetto da quest’ultima, per potermi ritenere non necessariamente felice, ma soddisfatto.
Abbiamo un sindaco che ha passato buona parte della sua vita a farlo e “lo sa fare” e quindi sempre presente in ogni occasione con la sua fascia istituzionale. Abbiamo un tenore di vita elevato a giudicare dal parco auto che circola (dove ancora si può) in città. Abbiamo il Tram e ne facciamo un punto d’orgoglio.
Abbiamo le multi sale cinematografiche. Abbiamo la presenza ogni dieci vetrine chiuse di un negozio di grandi marche internazionali. Abbiamo un centro commerciale per ogni punto cardinale della città e zone limitrofe, con aria condizionata a “manetta” per trascorrere con la famiglia le giornate d’estate, mangiare e non comprare nulla.
Abbiamo la sede di uno dei parlamenti più antichi al mondo, dove per entrare a visitare la sua assemblea si è costretti a indossare la cravatta (ecco che ritorna il tema della cravatta).
spiaggia-mondello-palermoAbbiamo il miglior clima che si possa pretendere, a prescindere da pochi giorni di freddo invernale e qualche giorno di pioggia e alla fine di marzo sono già a mare a mettere in mostra la nostra natura diportista, con i porticcioli della Cala e dell’Arenella pieni di belle barche (di quelle che stanno a cuore al fisco) abilitate soltanto al tragitto andata e ritorno fino al golfo di Mondello, dove buttare l’ancora per prenderci il sole guardando la riva difronte e soprattutto facendoci guardare.
Se non è vita di qualità questa? Eppure da palermitano mi lamento, ma cosa ci manca ancora per essere felici?
Forse l’Ikea perché ci da fastidio che per visitarla siamo costretti a dare soddisfazione ai cugini catanesi oppure ci manca una squadra di calcio che sia all’altezza della “quinta città d’Italia” che con il suo “milione di abitanti” (seicentosettantamila per la questura) “dovrebbe lottare per vincere lo scudetto”?
Si ma poi ci rifletto e penso che con lo stesso criterio, Citta del Cairo con settemilioni settecentomila abitanti o Città del Messico con i suoi ottomilioni ottocentomila abitanti dovrebbero lottare ogni anno per vincere la Coppa Intercontinentale? La verità è che non dovrei pormi questi problemi e soprattutto che dovrei accontentarmi della libertà che mi si lascia ancora per sorseggiare un caffè. Un abbraccio, Epruno.(pubblicato su www.ilsicilia.it il 27/1/2017 – http://www.ilsicilia.it/cosa-mi-manca-per-essere-felice-in-questa-citta/ )

Il Gattopardo siederebbe in tribuna autorità?

download (1)Carissimi,
“Che fece oggi il Palermo?” Attenzione alla risposta: “Due e ziero! Vinciemmu“.
In questa risposta le motivazione del perché le sorti calcistiche di questa città, a meno di sparuti momenti, sono sempre state destinate alla tribolazione. Tranquilli, sono consapevole che fin quando si parla di politica, di economia, finanche di religione, si può tentare di imbastire un discorso dialettico, ma non appena a Palermo parli del “Palermo”, come si dice dalle nostre parti: “A stari attentu a chiddru ca dici!”
Pertanto anticipo una frase che è seconda (forse) solo alla frase che campeggia nei dollari americani (“In God We Trust “) nel mio caso “Forza Palermo“. Per dimostrare le motivazioni della mia convinzione utilizzerò dei costrutti lessicali prettamente da marciapiede palermitano e quindi chiedo la benevolenza di non segnarmeli quali errori grammaticali.
Ritorniamo alla risposta iniziale (2 -0), “vinciemmu” (abbiamo vinto) ammirevolmente come a volere legare la prestazione dei giocatori al tifoso, come se quest’ultimo fosse sceso in campo.
Attenzione, se la risposta fosse stata (0 – 2), “Ziero e dui” nella stragrande maggioranza dei casi la considerazione successiva sarebbe stata “piersiro” (hanno perso), come a voler prendere le distanze dalla squadra. Ciò accade solo a Palermo, “vinciemmu-pirdieru”, fin dai tempi del mitico “Lampo Sport” e forse ancora prima. Il “Palermo” seppur la squadra del nostro cuore è per la quasi totalità dei palermitani un’entità a parte.
La squadra è lo specchio della città e quindi perché proprio il “Palermo” in controtendenza storica dovrebbe essere l’unica realtà ad andare bene nel suo contesto?
unnamedMi sono chiesto “se oggi fosse vivo il Gattopardo, siederebbe in tribuna autorità?”
Per non offendere nessuno, prendo a prestito il principe Don Fabrizio di Salina, per ipotizzare l’atteggiamento della “nobiltà” o della ricca borghesia di questa città, un personaggio tra lo storico e il letterario al quale abbiamo spesso addebitato la sentenza sul nostro modo di essere e sulle nostre sorti apparentemente cangianti ma immutabili nel tempo. Se ho compreso bene l’indole del personaggio, si guarderebbe bene dall’entrare nella proprietà di questa società e rifiuterebbe qualunque biglietto di tribuna autorità con la stessa convinzione con la quale rifiutò lo scranno di senatore (lasciandolo a chi ha necessità di mettersi in mostra, di chi nuovo arrivista ha bisogno di presenziare per distinguersi dagli altri e brillerebbe per la sua assenza).
Il Gattopardo comprerebbe l’abbonamento per un posto in tribuna, il numero uno, il più caro, per lasciarlo ogni domenica vuoto, affinché chi deve sapere, chiunque arrivi alla proprietà di questa società, sappia che il “principe è un importante amico” della squadra, ma senza lasciarsi coinvolgere con la sua immagine.
Il Gattopardo sarebbe pronto a dedicare un brindisi da illustre sostenitore a seguito di un prestigioso successo o a raccogliere, costernato e in rigoroso silenzio, le proteste e le indignazioni dei tifosi traditi dai risultati di una proprietà “piemontese” (come definirebbero i suoi coevi, tutto ciò che viene dal nord) che oggi sentono terribilmente lontana.
Quindi anche davanti alla nostra storia che cosa è cambiato? Un abbraccio, Epruno.
(pubblicato su www.ilsicilia.it il 20/1/2017 – http://www.ilsicilia.it/il-gattopardo-siederebbe-in-tribuna-autorita/ )

Ho nostalgia dei tempi in cui si pareggiava

downloadHo nostalgia dei tempi in cui si pareggiava, oggi come nel basket o sei vincente o sei perdente, ma nessuno ne ha memoria.
Se diventerò sindaco, impianterò in ogni individuo un “chip” sottocutaneo che fornisca una memoria aggiuntiva, perché mi rendo conto che la gente da queste parti dopo un paio di anni dimentica la qualunque e se questa è una chance in più per le meretrici che dopo un tale periodo possono ricostruirsi una verginità, figuratevi per chi fa scelte controverse o opera nefandezze. Ci arriveremo presto, mi rendo conto che trattasi di una mostruosità, ma credetemi per migliorare questo mondo e smascherare inganni, un upgrade di memoria personale, sarebbe a dir poco indispensabile.
La nostra è una società poco seria e ingiusta. Ricordo di com’era la mia città qualche anno fa e ho nostalgia di quando esisteva un’umanità che pareggiava, ma passo dopo passo, un punto alla volta giungeva alla meta, l’agognata salvezza.
Così una persona umile venuta fuori dalla guerra, metteva su una famiglia e poteva con sacrifici fare studiare i figli, l quali con un concorso (potevano competere e alla fine) trovavano lavoro. Chi non trovava lavoro nel pubblico, in qualche modo un lavoro per campare lo portava a casa, così senza termini ipocriti come “meritocrazia” (quell’adoperata da chi favorisce gli amici degli amici) la società, un passo alla volta andava avanti e tutti alla fine del loro percorso lavorativo potevano migliorarsi.
Quella era una società che dava delle speranze. Oggi siamo davanti ad una società piena di sconfitti e insoddisfatti e i pochi vincenti sono coloro che spesso hanno truccato le regole. Conoscere qualcuno una volta serviva per trovarti un lavoro, oggi ti serve per avere un padrino e scavalcare gli altri.
Oggi concorsi non se ne fanno più, dopo che per anni sfruttando scorciatoie, liste di utilità, corsi formativi ad hoc e quant’altro, si è creata una classe dirigente non all’altezza della situazione, ma soltanto furba, accondiscendente e arrogante grazie all’uso di regole truccate ma vincenti.
Da una parte questi pochi “unti dal signore”, dall’altra, una pletora di perdenti che avevano puntato tutto su quelle regole morali di base della convivenza civile, oggi messe costantemente sotto i piedi. E sì, nella pratica sono cambiate le regole, come se a causa di una tempesta magnetica i poli si fossero invertiti.
Eppure questi vincenti li abbiamo visti crescere, li abbiamo visti sorpassarci e sappiamo come, basterebbe soltanto avere un po’ più di memoria per esporli al pubblico ludibrio.
Ma questa società è smemorata ed è in crisi, ma ci piace crogiolarci dietro i soliti luoghi comuni, ci piace riversare sempre la colpa sugli altri, finanche sull’uomo nero che giunge clandestino sul gommone, ci ruba il lavoro e ci porta insicurezza.
Tornando a casa tardi e con il gelo di queste notti, vedo accovacciato davanti alla vetrina sotto casa mia un clochard, uno di questi disperati, coperto in qualche modo, dormire il primo sonno dietro una espressione sorridente, nella speranza che la “signora in nero” non lo prenda a braccetto durante il suo bel sogno.
Lui è uno sconfitto da questa società e dire che costui è bianco, ha la mia stessa pelle e chi sa che storia alle spalle, probabilmente non dissimile da quella di noi “non vincenti”. La nostra è una società poco seria.

Un Abbraccio, Epruno.
(pubblicato su www.ilsicilia.it il 13/1/2017 – http://www.ilsicilia.it/ho-nostalgia-dei-tempi-in-cui-si-pareggiava/ )

Siamo tutti possidenti terrieri?

2014 Land Rover Discovery XXV LE - Indus Silver.

Carissimi, non prendetevela a male se spesso discuto con Voi mentre sono in tutt’altre faccende affaccendato. Chi mi conosce da qualche tempo sa ad esempio che uno dei momenti per me importanti durante il mese è l’appuntamento con il mio Barbiere, Salvatore. Ripeto la parola “barbiere” e non parrucchiere o hair stile o quant’altro, il mio è uno di quei barbieri tradizionali dove superata la porta, si sente già nell’aria quell’odore di brillantina e per i meno giovani di “brylcreem” e dove, non me ne vogliano gli autori televisivi, è nato il primo “talk show” che al tempo si chiamava “discorsi da barbiere” (degenerato in altri casi in “discorsi da caffè”), dove i clienti nell’attesa di ricevere i servigi di Salvatore, s’intrattengono nella lettura delle riviste poggiate sul tavolinetto di vetro discutendo della qualunque, con competenze inattese su ogni tema. Pertanto amici miei, se dobbiamo frequentarci, visto il poco tempo che abbiamo, sappiate che sarete costretti almeno una volta al mese a venire con me dal barbiere e nell’attesa possiamo parlare di tutto.
Proprio mentre stavamo discutendo sul più e il meno sfogliando il giornale ecco che entra il commendatore Lo Stimolo, cliente ultrasettantenne ma ancora arzillo, chiedendo: “Scusate, ma questo transatlantico posteggiato qua davanti in prima fila appartiene a qualcuno di voi? Perché va bene che ci sono le strisce blu, ma questo signore se si spostasse qualche centimetro mi permetterebbe con la mia 500 di poter posteggiare”.
Ecco che quasi per magia le sedie della barberia si trasformano in un palco immaginario che nulla a che invidiare a quello del Maurizio Costanzo Show, e improvvisati clienti intervengono sull’argomento con la stessa competenza dei Prof. Sgarbi, Zecchi, Crepet, in un dibattito incentrato sul tema: “In una città con ZTL, isole pedonali, centro storico con strade strette, insufficienti parcheggi pubblici, cosa spinge il cittadino a comprare un SUV per circolare invece di una smart car?”
Inutile dire che questo dibattito, come tutti i dibattiti, a partire da quelli condominiali a quelli parlamentari, non ha sortito alcun effetto e come sempre dopo feroci dialettiche ognuno è rimasto con la propria idea perché al giorno d’oggi ci si parla sopra e non si ascolta al prossimo.

Alla fine della discussione mentre stavo per andare sotto i “ferri” di Salvatore quest’ultimo rimasto muto ad ascoltare nell’attesa di dare come un buon conduttore da talk show lo spunto per il rilancio della discussione interviene dicendo: “Questo transatlantico è mio e l’ho comprato appena mi è nato il primo figlio, perché nella macchina piccola non c’entravamo più.” Apriti cielo! Quasi un’offesa detta davanti al Ragioniere Lo Stimolo il quale per anni, fin quando i tre figli erano diventati, “spuntuliddri” si era sempre vantato di avere girato l’Italia in 500, ancor prima che la rete autostradale fosse completa.
Come vedete il problema è serio e se è vero che una delle “piaghe della nostra terra” come diceva “Lo Zio” è il “traffico” da dove viene l’esigenza a Palermo di tutti questi fuori strada in città? Siamo tutti possidenti terrieri? Abbiamo tutti mediamente tre figli? O sono le “buche cittadine” a far scegliere questi “TIR” della strada? Certo se invece di pagar le tasse solo sulla cilindrata, si pagassero anche in funzione dell’ingombro penso personalmente che il traffico ne avrebbe grande giovamento.
Un Abbraccio, Epruno.
(pubblicato su www.ilsicilia.it il 5/1/2017)

la briscola al caldo

carte-da-gioco-modiano-napoletane-rosse-9725Stanno per terminare queste vacanze a Crongoli e benchè, per gli eventi a tutti noti, sia stato un periodo festivo in tono ridotto, mi sono rilassato e divertito. In questo momento guardo da dietro la finestra le luci delle case nelle montagne, dalla finestra del bar di Franco in attesa di cenare e poi fare la doverosa partita a carte. A proposito, qui non si gioca con i soldi, ma giochiamo comunque mettendo in palio qualcosa, così per avere stimoli e spesso fare l’alba. Purtroppo vista la mutria persistente tra Totò e Franco, la tradizionale briscola ncumpagni, non è “andata in onda”. Normalmente giochiamo a coppie io e Totò il Mandriano e Franco il barista in coppia con il Maresciallo Occhipinti che visto il non trattarsi di gioco d’azzardo e visto che la signora torna al suo paese in questo periodo di festa, trascorre le serate terminato il servizio in nostra compagnia e accompagnato dal povero carabiniere scelto Capecenato che passa le serate addormentandosi nella sedia davanti il camino, in attesa che si finisca di giocare e si possa tornare in caserma.
Esclusa la briscola, troppo pericolosa per il rischio rissa, abbiamo giocato al mercante in fiera e devo dire che la fortuna mi ha sostenuto a tal punto che la prima sera ho vinto due galline vive e ieri sera ho vinto una forma di pecorino che insieme hanno profumato di notte la mia stanza meglio di un arbe magic.
Che volete è gente semplice …

Dio Salvi la Regina

carloCarissimi, “Dio Salvi la Regina!” A questa affermazione il compianto Bud Spencer rispondeva in una delle sue divertenti interpretazioni: “Perché, sta male?”
E si Amici miei, sembra proprio che la donna che ha attraversato sessantaquattro anni di longevo regno, dopo aver battuto il record di longevità della regina Vittoria, sia vicina ad abdicare per il figlio, il principe Carlo, facendo crollare e contraddicendo l’ennesimo mito per la nostra generazione, da sempre da me definita quale la “generazione del principe Carlo” che non regnò mai.
Eppure, quando i potenti ammalano di raffreddore, sappiamo sempre come va a finire. Tutti ricorderete i comunicati stampa del Cremlino prima della caduta del muro.
Un banale raffreddore per noi uomini comuni curato con il paracetamolo si trasforma in un’incurabile e letale malattia per i regali. Questa novantenne donna di ferro, per molto tempo algida agli occhi degli osservatori non britannici e resa più umana e simpatica, azzarderei a dire, una volta raccontata dai media la sua lunga storia anche in privati dettagli familiari coperti dal riserbo di corte, sembra che stia seriamente pensando di passare la mano a quel Carlo che come altri membri della famiglia reale, gli aveva regalato non pochi dispiaceri.
Il principe Carlo, nel frattempo anche lui invecchiato, oggi è un “baldo disoccupato sessantottenne” logoro dal peso di una vita spesa andando in giro in rappresentanza della casa reale, nell’attesa che da Buckingham Palace qualcuno lo chiamasse per dirgli: “Arricampati che la mamma ha il raffreddore!”
Sono certo che questa grande donna e regina che ha sacrificato tutta la sua vita per la corona e la tradizione, mai abdicherebbe in favore del nipote, visti gli sconvolgimenti già portati dalla parola “abdicazione” nella famiglia reale e il prezzo di una rinuncia all’uso della linea ereditaria se si pensa a Edoardo VIII e Wallis Simpson.
Quindi è sempre più probabile che dopo un Giorgio VI sarà un Carlo il nuovo re.
Per William ci sarà tanto tempo per godersi la bella mogliettina e i figli, poiché questi reali a meno di sfortunate malattie incurabili, sono longevi.
Prima si pensava che soltanto le donne vivessero a lungo nella casa reale e come non credere a ciò se si pensa alla regina Vittoria morta a ottantatré anni, a Mary di Teck regina moglie di Giorgio V morta a ottantasei anni, a “sua maestà regina Elisabetta, la regina madre” moglie di Giorgio VI morta a 102 anni, adesso anche gli uomini non sono di meno.
Una volta fortificata la casa reale con il sangue dei Mountbatten, il cui principe consorte Filippo, duca di Edimburgo oggi a novantacinque anni, come si direbbe dalle nostre parti, “è ancora ngriddru” forte di una vita usurante da far commuovere anche la Camusso, e che da appena cinque anni ha un “nuovo lavoro” quello di “Lord High Admiral della Royal Navy”, titolo cedutogli dalla consorte Elisabetta II in occasione del suo novantesimo compleanno.
Quindi caro William non lasciarti ingannare dall’età di sessantotto anni del futuro ascendente al trono, perché se “u papà azzampa quella sedia” potresti aspettare anche una trentina di anni, prima che tocchi a te.
Un abbraccio, Auguri di un Buon Anno 2017 da Epruno.

(pubblicato su www.ilsicilia.it il 30/12/2016)