La domanda è una sola: “dove ho sbagliato?”

Carissimi, dove ho sbagliato?

E’ la domanda che mi faccio di questi giorni ma che si dovrebbero fare in tanti, “dove ho sbagliato?”

Ho provato per una volta a ribaltare il concetto, con la mia mente matematica, per potere contro dimostrare il teorema e per una volta non ho pensato a chi ha afferrato la valigia andando via da questa mia città, ma a coloro che come me hanno fatto un investimento restando.

Un investimento pieno di sacrifici, spendendo una laurea reale, importante, di quella guadagnata tra i banchi delle università subito dopo la maturità, con fior di maestri, con considerevoli sacrifici e poi il tuffo in una realtà professionale non certo semplice nella quale per forgiarsi è stato necessario anche qui combattere, ogni qualvolta la logica lasciava spazio ad altro tipo di teoria, di certo non sempre pulito.

Dove ho sbagliato? Dove abbiamo sbagliato, perché nessuno di noi è esente dalla necessità di questo esame di coscienza, poiché non sono stato il solo che ha voluto scommettere sul futuro di questa terra, non sono stato il solo che ha avuto un ruolo e si è speso nel credo di un reale cambiamento.

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Il “rumore” del silenzio alle diverse latitudini

Carissimi

Quanti di voi si sono fermati di questi tempi a sentire il “rumore” del silenzio?

In queste mie brevi vacanze mi sono recato come sempre in quella che io reputo sempre la mia patria adottiva, tra le alte vette, le montagne dell’Alto Adige, il verde delle vallate allontanandomi da questa mia sicula e solare isola e dal blu del suo mare e credetemi, non soltanto per un naturale bisogno di trovare frescura a quote diverse, ma per resettare il cervello riempendomi oltre che di ossigeno puro, anche di serenità e silenzio.

Sono certo che, pur parlando la loro lingua e amando le loro abitudini e i costumi alla lunga non potrei vivere in quelle terre di confine, perché io sono stato forgiato qui al meridione, anzi di più, in un’isola e come tale ho avuto l’opportunità di vivere alla vista del mare, un concetto diametralmente opposto.

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Quante storie a lieto fine se non fosse esistito “lui”

Carissimi

Io la mattina esco per lavorare e la mia vita mi passa a risolvere problemi, sia per professione e sia perché con il tempo ho imparato a farlo.

Quanto sopra è di una semplicità estrema e potrebbe già di per se aver chiuso il racconto, purtroppo a ciò c’è il seguito, poiché come ben sapete da qualche parte della città (così come accade per tutti) ci sono almeno dieci persone che scendono da casa per crearmi problemi, fastidi, impedimenti essendo la loro mission legata nella circostanza del non saper far nulla di costruttivo, e quindi di avere la necessità per giustificare la propria esistenza, di criticare e demolire quanto di concreto viene generato.

La cosa sconvolgente è che il più delle volte costoro vengono retribuiti per farlo.

Per non parlare poi degli invidiosi, quelli che mangiano guardando sempre nel piatto altrui.

Purtroppo, la mediocrità e il male, la gente “tinta” (non è spagnolo), ma cattiva, governa più del 50% degli esiti della nostra azione.

Immaginate in un esercizio didattico estivo, pre-feriale cosa sarebbe stato del mondo se non fosse esistita la gente cattiva, di certo quasi tutte le storie sarebbero andate a buon fine, come in un notiziario bavarese.

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L’attore che è in noi si riposa

Carissimi

Va bene, sapete che vi dico? Me ne salgo a Crongoli, ma non solo perché sono stanco, ma perché sento proprio la necessità di fare un bagno di “gente semplice”.

Non è pertanto la gente che mi porta a fuggire, ma la necessità di incontrare “gente semplice”.

Di gente, ne incontro tanta, vivo tutto l’anno insieme a loro e gioco alla loro “partita”, mi metto a disposizione, lavoro, penso, studio, coordino, mi prendo tante di quelle “boffe” per avere la possibilità di rendere sia il mio che il loro tempo più gradevole, ma giunge un momento che per troppa generosità, sono stanco.

Sono stanco delle ipocrisie, sono stanco dello stato dell’arte, sono stanco di questo “canavaccio” scritto male, con i piedi, per permettere a chiunque di salire sul palco e “recitare” in questa gigantesca “filodrammatica di parrocchia” della quale non sono il “capo comico” ma mi devo accontentare di recitare le mi poche battute, di stare sempre in scena come una comparsa, di più, come un “cameo”.

Sono stanco anche io di dover recitare questa “trama” per la quale o ti rendi aggressivo in ogni momento e per qualunque cosa o ti rendi completamente remissivo e stupido, affinché chiunque possa pensare che con te ce l’abbia fatta.

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Lo chiamavamo “Sputa in Cielo”

Lo chiamavamo sputa in cielo

È ovvio che non si chiamasse così però per noi confidenzialmente era da sempre sputa in cielo. Un bimbo particolare, non nascondo che tutti coloro che avevano l’età per stare in piedi erano da subito cooptati nella squadra di calcio della zona, persino i più scarsi che come al solito, venivano messi in porta.

Da piccoli si aveva un’idea del pallone molto particolare e confusa, a partire dal fatto che parlare di “pallone” era già un lusso visto che si giocava per strada con qualunque cosa potesse ricordare la forma sferica.

Se poi qualcuno riusciva ad ottenere in regalo dai propri genitori l’acquisto di un pallone (come il Super Santos o ancor peggio il San Siro) la cosa si faceva seria, benché questi palloni di plastica leggeri decidevano di prendere arbitrariamente le traiettorie e i ragazzi “in campo”, più che seguire schemi calcistici, si trasformavano in serpentoni di bambini all’inseguimento di un pallone e correvano minacciosi nella direzione della porta dove per pronto accomodo l’involontario portiere si scostava lasciandoli passare per paura di essere travolto.

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Carissimi, “Leviamoci Mano”.

Eh, sì dottore sa cosa penso? Leviamoci mano. Anche quest’anno si avvicina l’anniversario, anche quest’anno è naturale che, mentre si staranno preparando i soliti noti, i soliti spettacoli, la solita commozione, le tante manifestazioni, sa che le dico, io ho deciso di levarci mano.

Come si dice dalle nostre parti, sa benissimo che, quando si discute con qualcuno argomentando e questo qualcuno si rifiuta di sentire le argomentazioni, o peggio non arriva a comprendere le motivazioni altrui, arriva un momento in cui ci si guarda negli occhi e ci si dice leviamoci mano.

Riflettevo sui pochi giorni di distanza che ci fossero tra il “Festino” e “Via Damelio” e atteso che ad oggi si continui ancora a girare in tondo sulle responsabilità e su i mandanti del nefando attentato, di una cosa mi sono convinto traguardando le manifestazioni commemorative attraverso quelle pagane, chi ha deciso, chi ha partecipato, chi ha spalleggiato un attentato come quello era con tutta probabilità a festeggiare affidandosi alla “Santuzza”, la quale per costoro avrebbe dovuto proteggere non le vittime, ma i colpevoli, perché questa città è un grande minestrone dove alla fine siamo tutti accanto.

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Che Noia Questi Ingegneri!

Carissimi, che noia questi ingegneri!

Stanno sempre lì a dirti quello che si può fare e quello che non si può fare, quando sarebbe più facile giocare d’azzardo e fare tutto, contando sulla percentuale di quante volte può andar male.

Questi noiosi calcoli che stanno alla base di tutte le risoluzioni di questi noiosi ingegneri, interminabili tabulati, grafici, formule per giungere a ciò che più semplicemente si può fare.

Poi che ce ne facciamo di questi noiosi personaggi, “nemici da cuntintizza”, regaliamogli il timbrino con un numeretto e diciamogli solamente: “firma qua”!

Non si sa mai, conserviamole queste carte se un domani dovesse andar male per qualunque imprevisto dettato dal fato.

Intanto, invece di ascoltare queste noiose cassandre, andiamo su “YouTube” ci sarà un tutorial su tutto e quindi in fondo “siamo tutti ingegneri”, possiamo diventare tutti ingegneri seguendo quelle spiegazioni in “chiaro inglese” lette con la cadenza dall’indiano simpaticunazzo di turno, loro si che sono utili ed essenziali, sempre allegri e no “questi noiosi ingegneri”.

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QUANTA AMMIRAZIONE PER I GENI

Carissimi

L’umanità è fantastica, c’è chi è convinto che una cosa la si faccia da sola, permettendosi di continuare a fare l’attendista, del resto, se hai un problema umano, vuoi che non si risolva?

Il segreto e fare in modo che il nostro tempo, con il tempo degli accadimenti e della natura, coincidano.

Immaginatevi che grande delusione si possa provare morendo e lasciando la maggior parte dei progetti che avevamo messo in itinere, ancora a fare.

Per un ingegnere è un paradosso, mentre in politica non è così.

Il politico ha un grande culo e grazie a questo ha un continuo rapporto di avvicinamento con la realtà che è del tutto unico e ve lo dice uno che è consapevole di non aver capito mai nulla di questa “scienza” che si chiama politica.

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“Ahiò se n’è Andato”. Non è uno Scherzo.

Carissimi

Ci ho pensato molto prima di mettere qualche cosa per iscritto che riguardasse la dipartita dello “zio Silvio” come lo chiamavo io.

Sono certo che un argomento del genere che sul web è stato alquanto divisivo troverà modo di essere oggetto di discussione per i miei contatti e di ulteriori offese su un personaggio che in qualche modo ha di fatto caratterizzato la storia degli ultimi anni del nostro paese e non solo.

Ho appreso con sorpresa, malgrado le voci che erano circolate sulla sua condizione di salute, la scorsa mattina attraverso un tweet, della scomparsa del Cavaliere.

Credevo che anche questo ricovero fosse uno dei cosiddetti tagliandi e del resto ero anche confortato dal contemporaneo ricovero in ospedale di Sua Santità.

No, questa volta, anche una persona come lo “zio Silvio” che ne aveva viste e ne aveva fatte di cotte e di crude, era arrivato il capolinea e come ha avuto modo di dire ieri il prelato nel rito ambrosiano, “alla fine è stato un uomo” e quindi come tutti gli uomini doveva necessariamente passare per quelle che sono le regole della natura, si nasce, si muore, specialmente se si ha una certa età e specialmente se si è pieno di acciacchi.

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Eprunica Eresia – Una marina di libri – 9.6.2023 ore 20.30

Eprunica Eresia – Una marina di libri – 9.6.2023 ore 20.30

Un onore essere ospite di una rassegna così importante insieme a scrittori importanti e poter parlare di quello che scrivo (non avendo ancora scritto libri) ma in mezzo all’editoria indipendente, la vera forza di questo mondo, la vera opportunità per tutti coloro che hanno qualcosa da dire e manifestano talento nel saperlo scrivere.

Eresia nel mio caso è continuare a difendere dei principi per molti desueti, a volte finisce per essere eresia il volere difendere la normalità.

E’ stata una festa insieme a coloro che leggono, mi leggono e condividono con noi questi principi basilari dell’eprunismo: il sogno, il viaggio e la pazzia ……

E ricordate sempre, Se non son pazzi non li vogliamo

Epruno