Carissimi

Sono prima di tutto un cittadino, residente e “restante” che nato circa 15 anni dopo la fine della guerra ha vissuto un comodo periodo di “lunga pace” e di lento risanamento di questa città che è quasi giunta ad 80 anni (lei) dalla fine della guerra a lasciarsi le macerie belliche ormai alle spalle.

Ci sono cose che ci dovrebbero vedere uniti nel giudizio, se veramente amiamo la nostra città e l’aver visto ieri un ennesimo passo determinante per il completamento di quella restituzione del fronte a mare ad una città che dopo i bombardamenti le aveva voltato le spalle, mi ha regalato una iniezione di soddisfazione.

Ci sono state priorità, ci sono state invenzioni e ci sono state visioni ed il palermitano diciamolo si è rotto il “cribbio” in tutto questo tempo, ma io che per un motivo e per l’altro sono stato il Forrest Gump (spettatore terzo nel centro della storia) non posso tacere e come gli altri dire “schifiu” anticipatamente e a prescindere da tutto.

Quelle “tette al vento” evocate dal Poeta Guccini, sono state anche le mie “tette” quando ero una “sarda salata” e correvo per strada per allenarmi la sera non volendomi arrendere all’idea di uno “Stadio delle Palme” chiuso al tramonto che mi avrebbe rigidamente imposto la scelta tra il diventare ingegnere e il continuare a fare l’atleta “impiegandomi in un gruppo sportivo delle forze dell’ordine”.

Pertanto, all’epoca non rimase che la strada, con i suoi “molestatori”, cani e quant’altro che finirono per scoraggiarmi e come facile intuire vinse la motivazione di fare l’ingegnere non aggiungendo sacrifici ai sacrifici.

Oggi, tutti fanno jogging, con le loro scarpe fluorescenti ed abbigliamenti sportivi griffati e non le “fetide” MECAP ai piedi (come noi), in grado di far invocare alla loro “dismissione” negli spogliatoi l’intervento dei VVF per sospetta fuga di gas non identificata. Pure quei nerd che avevano 4 in educazione fisica oggi a 60 anni fanno jogging, …………. “La posso toccare?

E che dire in seguito della mia firma professionale (istituzionale) che negli ultimi 20 anni e stata dietro alla riapertura di quelli che oggi sono gli “spazi della cultura” che tutti mettono tra gli ottenimenti dei loro obiettivi e risultati …… “Vi posso toccare?

Quindi uscendo fuori dalla postazione del mio “punto di vista euleriano” non avendo più nulla da dimostrare a me stesso se non la difesa della mia “qualità di vita” in prospettiva di una “terza età” convinto dagli scienziati che ne seguirà una “quarta”, vi dico, vestito da “Genio di Palermo” con una vecchia corona ed un serpente sul petto: “Che cribbio ci state a ridere se una strada importante e trafficata finalmente dopo 50 anni viene asfaltata?

Poteva continuare a rimanere chi sa per quanto tempo in quello stato, se fosse stata scalzata nelle graduatorie delle priorità, conoscendo le visioni e i metodi dei governati.

Vi ho già detto che nella cosa pubblica, le opere pubbliche, chi le pensa e le avvia spesso non ha modo di vederne la realizzazione (i mandati politici e i tempi procedurali hanno una misura diversa) e quindi perché dire “finalmente” a chi sta facendo il suo dovere? Che è colpa sua? Per 50 anni non vi siete lamentati e parlate nel momento in cui finalmente le opere si portano a compimento?

In più, può essere che l’abbandono dell’ostinazione nel trovare la soluzione dei problemi manutentivi “in house”, stia dando finalmente i suoi risultati attraverso un più economico e immediato ricorso ai “privati”?

I privati, quei “vecchi privati”, quelle società scritte negli annali della nostra città, spesso con un doppio cognome, in epoche in cui due soci potevano negli anni d’oro fare società senza litigare, fare lo “sgobbo” (legittimo) ed offrire un servizio all’altezza delle aspettative.

Eravamo una città con “le pezze nel culo” per la povertà post bellica, ma eravamo puliti, avevamo gli autobus con i bigliettai e quei mazzetti colorati di biglietti che da bimbi guardavamo estasiati, le strade erano asfaltate regolarmente (non esistevamo le maledette fibre da passare) e l’Egregio Signor Munnizzaro (emulo per dignità del protagonista della livella di Totò) ti “tuppuliava”, faceva 5 piani di scale a piedi e con il suo enorme sacco nero a spalle ti ritirava l’immondizia “posto casa” e in sicurezza.

Questa era “normalità” e oggi in questo periodo di grande difficoltà per le vicissitudini internazionali io mi aspetto solo un “ritorno alla normalità”, una luce dello studio lasciata accesa di notte e qualche selfi di meno a testimoniarmi che il “Lui” o, meglio, i “Loro” di turno stiano lavorando per il bene della collettività per restituirci una “normalità”.

Anche se dovrò “cambiare canale” per non imbattermi nei reportage sul proliferare di passerelle “di tanti signori nessuno” che sol perché vi è “lo scrocco” trovano la voglia di imbucarsi per qualche reportage di Instagram in più, mi auguro a lungo andare, qualche evento ed effetto speciale in meno purché si ritrovi la priorità per i “piccoli e grandi” disaggi collettivi, affinché ci si possa sentire cittadini di una città non capitale del “nulla” o di “quattro scappati di casa”.

La soddisfazione nel recupero di spazi per questa città supera la facile ironia di chi ti punge per i biblici ritardi volutici per la soluzione di atavici problemi e mi farà accettere l’idea di chi vuole meno effetti speciali ma una Palermo grande “città tutta porto” e “capitale della normalità”.

Un abbraccio, Epruno