Carissimi

Essere, non essere o sembrare?

Per il momento preferiamo sembrare, come una borsa simil “di una marca famosa” esposta su una tovaglia per terra per le strade del centro storico, da un vucumprà.

hai voglia di stare a guardarla per cercare dove sono i difetti propri della contraffazione e a furia di guardarla, sentendo il prezzo, ti vengono in mente le idee più malsane, fino a giungere a pensare: “e se la fabbrica fosse la stessa dalla quale escono gli originali, anche questa è un originale?

E allora chi mi sta fottendo? Chi mi vende l’articolo nel prestigioso negozio o chi ne dichiara la contraffazione, in un articolo del tutto similare, esponendela sul marciapiede? Preferisco nel dubbio non comprarla.

Eppure questo falso d’autore finisce per fare un danno inestimabile al suo autore originale, a chi si costruisce un brand e una storia con tanto lavoro alle spalle per finire non solo ad essere imitato, ma addirittura per veder il lazzarone imitatore preferito a chi si è inventato l’articolo.

Non siamo un paese serio e continuerò a ripeterlo in eterno e questa mia città ne finisce per essere lo specchio dove a discapito di “Guglielmo” Shakespeare, sia esso inglese o di origine messinese direbbe Giacobbo), sono pochi gli “essere”, tantissimi “i non essere” e molti “i sembrare”.

Stiamo come sempre sprecando tempo ed energie proprio quando le configurazioni astrali ci hanno ridato opportunità insperate, proprio quando avevamo mandato lontano le giovani intelligenze per dire poi “peggio per loro, non sanno cosa si perdono” faremo da soli.

Così facendo, con una artata regia (dietro le quinte), siam finiti per proiettarci su miti superati e bocciati dalla storia più di cento anni fa,  addirittura finendo per evocare “la nobiltà ristoratrice” simbolo dell’apparenza altisonante, da sempre vuota di contenuti e mitica per non aver mai lavorato e sperperato patrimoni. La città delle feste e dei salotti.

Oggi sono molte le imitazioni in giro, sono in molti che si truccano fino ad assomigliare ai loro punti di riferimento, sono tanti i “tale e quale” per cui a volte da lontano e alla prima impressione finiamo per non distinguere il tarocco dal modello e così facendo segniamo il passo e quello che doveva essere il periodo dei grandi cambiamenti diventa l’epoca dei cloni senza contenuti, costringendoci a ricominciare a sperare in un “nuovo”.

Siamo in molti che abbiamo voluto un cambiamento e oggi siamo in curiosa attesa di veder nascere una nuova governance , una nuova ventata culturale, fatta di soggetti nuovi e nuovi contenuti, senza trastullarci nell’eco di esperienze digerite dalla storia ed evacuate, diverse dal “vecchio che avanza” e da tutti gli usati sicuri  che periodicamente ci si ripropongono e non avendo passione per il vintage desidero finalmente possedere una luccicante auto nuova, con tutte le nuove qualità e le innovazioni da scoprire.

In una terra che da sempre atterrisce nel dover pronunciare la parola “programmazione” e in cui tutto è urgente e straordinario, in una città dove non si conosce la sinergia, in una città dove tutto diventa un acquario nel quale si può stare a nuotare e a farsi campare come un pesce oppure restarne fuori e guardare questi scenari ricostruiti artificiali attraverso il vetro, dico pertanto a chi ambisce ancora a vivere di rendita: ” attenzione, verrà un momento e non sarà troppo lontano, in cui le scorte d’olio si esauriranno e le belle flebili fiammelle si spegneranno“.

Una volta che abbiamo dichiarato “faccio io”, bisogna fare il proprio dovere e non ci si può ripresentare con le stesse ballerine dall’avanspettacolo ma ormai sessantenni, con le calze elastiche e le parrucche colorate per dire “ecco le nuove giovani ballerine”.

Faccio gli Auguri a questa testata per i sette anni di vita e ringrazio Maurizio per avermi dato da “amico-editore” la possibilità fin dal primo numero di esprimermi in libertà anche quando ciò che si diceva era in “controtendenza“.

Un abbraccio, Epruno.