Carissimi,
Ntuonio non la smetteva mai di dire non vedo l’ora di andare in pensione. Lavorava in un ufficio della pubblica amministrazione e il suo ruolo era quello di tenere la sua scrivania piena zeppa di pratiche composta da lettere dove nella maggior parte dei casi potevi leggere “vengo con questa mia a dirle.”

Con il passare del tempo gli furono attribuite nuove “mansioni”, gli venne data oltre una scrivania anche un armadio metallico da chiudere a chiave e per lui le preoccupazioni si fecero sempre più pressanti tanto che oltre alle lettere di domande “vengo con questa mia a dirle” iniziò a fare anche lettere di risposte costantemente del tipo “non è di mia competenza”.

Eppure Ntuonio era stressato. Se non fosse esistito Kant di cui lui ignorava certamente l’esistenza, qualcuno lo avrebbe potuto scambiare per un novello “orologio di konigsberg” con il quale regolarsi il proprio orologio, poiché giungeva in ufficio perfettamente alle ore 7,30 e usciva regolarmente alle ore 14 senza la possibilità di un minimo errore, tanto che nella sua carriera non si era neanche reso conto della circostanza che avessero tolto il foglio firma e fosse giunto il badge.

Ntuonio strisciava il tesserino alle 7,30 e alle 13,50 si posizionava davanti alla macchinetta conta ore nell’attesa che si digitalizzasse il numero 14.00, per chiudere la giornata. Eppure Ntuonio era stressato.

Negli anni le sue abitudini erano state sempre le stesse, ma aveva dovuto fare i compiti con l’arrivo della tecnologia, appena entrato era stato “informato” dai colleghi di stanza su quelli che erano i suoi doveri e soprattutto sul dogma “non è di mia competenza”.

Ntuonio imparò presto il concetto di definizione di spazio personale e di proprietà e cominciò a mettere il suo nome negli strumenti del potere, ad iniziare dalla spillatrice, il nome scritto su una striscia di carta all’interno della sua penna Bic trasparente, la gomma, la sua colla “coccoina” e soprattutto il temperamatite, ma i veri strumenti di programmazione per lui erano le tovagliette di carta e principalmente il rotolo di carta igienica che teneva sotto chiave. Tutto quanto sopra gli dava costanti preoccupazioni.

Eppure Ntuonio era stressato. Giungeva a lavoro con le evidenti cispe sotto gli occhi, ma ritualmente apriva la finestra della stanza, qualunque fosse stato il clima fuori, appendeva il suo borsello nell’appendiabiti, scendeva al bar a fare colazione e prendere un caffè, passava dall’edicola per comprare il quotidiano sportivo, risaliva in ufficio, apriva a chiave il suo cassetto, prendeva la carta igienica istituzionale (diventata sua) e andava nel gabinetto dell’ufficio a defecare e vi rimaneva chiuso per circa mezz’ora.

Alle nove in punto, dopo aver letto la prima pagina del quotidiano e qualche notizia di dettaglio, controllava la posta della giornata portatagli dentro una carpetta e posata sulla scrivania metallica e iniziava a scrivere a penna le sue risposte su un foglio:” Non è di competenza dello scrivente ufficio”.

Quale fosse lo scrivente ufficio era stata fino a quel punto l’attenzione maggiore posta da Ntuonio, poiché pur essendo rimasto per 35 anni sempre nello stesso stabile e nella stessa stanza, aveva visto periodicamente cambiare la dicitura del suo servizio al giungere di un nuovo dirigente o un nuovo assessore, ma la vera sostanza rimaneva quella che “non era di sua competenza”.

Eppure Ntuonio era stressato e non vedeva l’ora di andare in pensione perché come diceva lui avrebbe avuto tanto di quelle cose da fare che veniva strano pensare a tutta questa attività frenetica d’un colpo.
Nella sua stanza vi erano le foto di rito alle proprie spalle relative alle cene con i colleghi nella bettola vicina all’ufficio in occasione del pensionamento di qualcuno di loro ed ecco gruppi “fraterni” fatti con colleghi anche di altri piani o trasferiti negli anni in altri settori, quelli con cui la mattina si era fatta colazione prendendosi cura di stare lontano dalla cassa attardandosi per non correre il rischio di pagare per gli altri.

Dubito che Ntuonio avesse mai offerto una colazione ai colleghi, benché nei gruppi delle stanze limitrofe ci fosse chi tenesse il conto di una regolare turnazione alla romana, oppure chi essendosi accertato che non fosse il proprio turno tornava al banco a due e tre volte o ancor peggio chi dichiarasse di non voler prendere nulla per non pagare e poi passasse da ogni collega per dire, “mi fai assaggiare un pezzo, solo la punta del cornetto”.

Che vita stressante, specialmente il giorno in cui La Prof.ssa Fornero annunciò in Tv la sua proposta di legge e dalla stanza di Ntuonio si sentì un urlo quasi disumano “nooooooo” frutto della presa constatazione che non sarebbero mancati più due mesi all’alba, ma altri cinque anni.

Se ne prese una malattia prima depressiva e poi fisica, ricordo quella mattina d’inverno, pioveva a dirotto, ma nella chiesetta c’eravamo tutti a dare l’ultimo saluto a Ntuonio caduto durante l’adempimento del suo lavoro a soli due anni dal nuovo traguardo.

Il Rag. Fischetti dell’ufficio mutui seduto accanto a me mi disse “Abbiamo risparmiato i soldi per l’orologio del pensionamento”, ma ad attrarre la mia attenzione fu una discussione tra i colleghi nella fila di banchi difronte che visto il diluvio all’esterno della chiesa, litigavano per chi dovesse portare la bara, quando uno di loro disse “con questa pioggia, io lo conoscevo da meno tempo e quindi …… non è di mia competenza”.

Un abbraccio, Epruno.