Carissimi,
Arrivano quelli che noi chiamiamo “i morti” e i pensieri oltre che per i nostri defunti saranno certamente dedicati anche a quella che tra cento anni dovrà essere la nostra morte e allora in maniera mesta mi chiedo?

Mi daranno una grande sepoltura o mi seppelliranno al Panteon di Palermo come le persone importanti?

No, non potrà essere perché io mi farò cremare e spargeranno le mie ceneri al vento per evitare che la gente possa giocare con le mie ossa o mi possa appendere come nel cimitero dei cappuccini a deperirmi negli anni.

Mi faranno un mausoleo? E chi lo sa, potrebbe essere, dipende chi sarà il sindaco in quel momento. Certo parlare di morte porta fortuna, anche alla vigilia di Halloween e penso che il borgomastro attuale sarebbe contento se con la fascia tricolore tra cento anni potesse dedicarmi un mausoleo, ma il problema non sarebbe quello di giungerci tra cento anni, ma quello di trovare uno spazio non dedicato già a qualcuno.

Di contro vorrei parlare con il mio amico Michelangelo e chiedergli: “come si fa a scegliere quale strada ti debbono intitolare? Soprattutto come si fa a scegliere il tipo di strada e la grandezza?”

Mi dedicheranno cosa? Un viale, un largo, una piazza, un vicolo?

Vediamo come suona.

Viale Epruno, neanche fossi Giovanni Agnelli (nonno) a Torino.

Largo Epruno, potrebbe sembrare offensivo e allusivo al mio attuale sovrappeso.

Piazza Epruno, non è che mi piace tanto, perché poi mi legherebbero per sempre a tutte quelle cose negative che storicamente accadono nelle piazze.

Vicolo Epruno, suona bene ma è meglio di no e ve lo spiego.

Quando io a Palermo parlo di vicolo Marotta voi a chi pensate?

Pensate forse a un certo Sig. Marotta compositore del 600 o pensate subito alle “puttane”?

Non rispondetemi, so già cosa vorreste dire, a questo punto vorrei capire come si fa a scegliere il toponimo da dedicare, certamente non in base all’importanza in vita, se considerate a Palermo la grandezza di via Beethoven confrontata con via Umberto Giordano capirete che qualcosa non funziona, deve esserci qualcos’altro dietro e non mi riferisco alla logica che porta a pensare di nominare un grande piazzale Giotto con il nome di piazzale John Lennon, ora senza nulla togliere a cosa possa esser passato per la testa in quel momento e del resto cosa volete che sia stato Giotto per l’arte e per la storia italiana, un indoratore che ha tinteggiato dei tetti che al primo terremoto sono venuti giù?

Ebbene non può essere né l’importanza né la notorietà e ne è testimonianza il fatto che sia opportuno mettere sotto nome, il mestiere, a colui il quale si dedica la via, diversamente la gente non saprebbe di chi si tratta.

Avete mai visto una targa a Palermo con scritto “Largo Nicoletta a Trimmutura”?

Non mi dite che per notorietà anche a noi che siamo di un’altra generazione e che non abbiamo visto recitare la Duse al Bellini di Palermo, ci giunge dalla narrazione dei nonni il nome di cotanta famosa “Signora” che esercitava all’epoca la più antica libera professione del mondo nella città vecchia, eppure di Nicoletta se ne evocazione la memoria oralmente (nessuna allusione) ma diciamo che sarebbe stato imbarazzante sintetizzare l’attività in una sola parola sotto il nome senza ingenerare equivoci, magari scrivendo: “Largo Nicoletta a Trimmutura” e sotto “ramo motorizzazione”.

Diciamolo francamente, molti toponimi vengono superati e dimenticati nel tempo e in alcuni casi neanche si sa distinguere quale sia il nome e il cognome.

Nigra Costantino e Domenico Costantino erano parenti? E chi lo sa!

Vittorio Emanuele Orlando era parente …? No!

Era forse Vittorio Emanuele I, II o III? Boh! E insieme a Ruggero Settimo, quando regnarono?

Pazienza, non mi dedicheranno un mausoleo per paura di non farmi fare tanta strada da morto come l’obelisco di piazza XIII Vittime, non mi dedicheranno una strada, perché il primo io non saprei cosa suggerirgli da mettere sotto il nome e allora pazienza, non mi prenderò d’invidia per un altro collega ingegnere non praticante che seppur straniero aveva studiato da noi ed ebbe il coraggio di presentarsi all’ONU con un ramoscello d’ulivo in una mano e la pistola nell’altra.

Forse di lui si ricorderanno qui tra cento anni quando a Il Cairo sua città natale a qualcuno verrà in mente di dedicare una via ad un certo “Epruno” da Palermo, professione “editorialista-satira”.

Salam Aleikum, Epruno.