Carissimi

Per uno come me, cresciuto in una via che si chiama Terrasanta, parlare di “via crucis” e quasi conseguenziale.

Eppure non prendete l’utilizzo di questo nome come blasfemo o addirittura frutto di un pensiero “eretico” se ormai da tempo l’associo al percorso che giornalmente affrontiamo camminando sui nostri marciapiedi o nelle strade, praticamente diventate percorsi di guerra o ridotte peggio di quelle descritte dal commerciante di via Nuova a Goethe nel suo viaggio in quella che fu la città della terra dove fioriscono gli aranci.

Credetemi sono stanco di parlare sempre di questa emergenza che va sempre peggiorando e nessuno prende iniziative, nessuno riparare, nessuno si indigna, nessuno interviene e non basta vedere in eurovisione un giovane ciclista colombiano, nella tappa del giro d’Italia, volare in ospedale, entrando in curva in via Roma, dopo essersi incanalato in uno dei tanti fossi scavatosi subdolamente nell’asfalto, grazie ad un pessimo ripristino o al peso del transito degli autobus.

Nessun rossore davanti a persone anziane che continuamente finiscono per terra per un marciapiede sollevato o per il basolato disconnesso di una strada in centro o per una inesistente cura del verde e degli alberi che sollevano il battuto cementizio.

L’altra sera ho visto per terra una persona in età toccarsi dolorante il polso per essere inciampato tra la rassegnazione di tutti, personalmente non conto più le storte o le cadute con la moto, ma quando ci renderemo conto che l’unica cosa democratica che usiamo tutti, ricchi o poveri, giovani o anziani e la “strada” e che su questa passino i nostri anziani genitori o i nostri piccoli figli, o chiunque non debba necessariamente andare da “A” a “B” senza rischiare la propria incolumità.

Ormai è da qualche anno che si è perso di vista la cura delle strade, spesso si è parlato di decoro, ma si è dimenticata la cura di una costante manutenzione che dalla semplice “ordinaria” è diventata “straordinaria”.

Ci si è distratti con gli atavici problemi della raccolta di rifiuti lasciati spesso a proliferare accatastati quasi fossero istallazioni di arte contemporanea, si sono posizionati vasi o panche orribili in quello che ci sforzavamo di chiamare il salotto buono della nostra città, dimenticando forse di ciò che vuol dire salotto buono.

Abbiamo trasformato tutto in una grande taverna a cielo aperto, generando “movide”, importando termini da altre latitudini geografiche senza conoscerne il significato, disseminando bottiglie di vetro per terra e utilizzando vicoli e traverse come orinatoi e vespasiani improvvisati a tal punto che ho visto ratti disertare parti della città lamentandosi che ci vuole pure un limite a tutte le cose se si vuole preservare una parvenza di dignità.

Ho visto quelle che in partenza erano aiuole diventare ricettacolo di spazzatura e quant’altro tanto che i nostri cani nelle uscite periodiche giornaliere cominciano a patteggiare con i loro padroni la possibilità di imparare a fare i loro bisogni in bagno “assittati” come qualunque individuo.

Ma se quanto sopra, limitatamente alla sporcizia è addebitabile alla “vastaseria” di certi palermitani, visto che mi costa l’osservare che il tradizionale spazzino (poi chiamatelo operatore di quello che volete, poiché per me, non è parola d’offesa) pulire giornalmente con la scopa i marciapiedi e svuotare i cestini, la cura dell’asfalto delle strade, i basolati e i marciapiedi, non posso di certo addebitarli a un fatto di cattivo costume, ma ad una volontà nell’indirizzo politico di questa città che da anni non pone tra le priorità, questa necessità.

In conclusione e prima di passare agli auguri di buona Pasqua mi preme precisare che il mio come sempre è uno sfogo spinto dal mio senso civico e da un modo forse troppo teutonico di concepire la città ancor prima che essa sia “smart” o cos’altro di giusto vogliate, poiché sono consapevole delle altre grande priorità di una società, ma dico anche che la “qualità della vita” aiuterebbe tanto a porre le basi in una “bella società” (me ne rendo conto immaginaria) per trovare soluzioni al vivere in collettività esaustive e a volte soddisfacenti.

Non posso dire che sia mancato lo sforzo degli ultimi sindaci per promuovere una nuova immagine della città lontana da pregiudizi e sono certo che anche il sindaco attuale abbia la voglia e le capacità per fare altrettanto, ma da cittadino credetemi, ogni mattina quando passo con la moto da via Villarmosa (per fare un esempio) mentre chiunque si chiederebbe “come mai”, io continuo a chiedere “Perché?”

Un abbraccio, Buona Pasqua, Epruno.