Carissimi,
Guardate che io vi tengo d’occhio mentre cammino con la mia motocicletta, mentre discutete tra di voi o solamente quando trovate un momento di attenzione tra più persone fisiche (sempre più raro) e lo vedo che c’è qualcosa che non mi “confinfera”.
Abbiamo parlato di “città dei like”, ma abbiamo parlato tantissimo dei social, ma questa volta vorrei parlare degli “Asocial”!
“L’Asocial” è chi di voi ha lasciato i canoni comuni per convertirsi anima e corpo all’iphone. Ha lasciato il mondo dei contatti reali per isolarsi fisicamente e gettarsi in un mondo virtuale affollato in tempo reale da “contatti”.
Sono lontano i tempi dei “pronto mamma” della mitica Franca Valeri, eppure all’epoca ridevamo nel pensare a questa persona “schiffarata” che si faceva compagnia con lunghissime telefonata alla mamma, adesso siamo noi in apparenza “indaffaratissimi” ad esser costantemente collegati al telefonino, in ogni istante reperibili e in qualunque nostra funzione.
“Indaffaratissimi”? Il pil di questa terra dovrebbe in apparenza toccare valori stratosferici a giudicare la vostra necessità di essere sempre connessi, dalle scale di casa, in auto, attraversando le strade, in ufficio alternando una sigaretta nella zona consentita ai fumatori (se ne esistono ancora) e una risposta ad una telefonata.
Quanti nuovi capitani d’azienda.
Il telefonino quale strumento “democratico” alla portata di tutti, dal Papa al migrante appena sbarcato.
Ma credete veramente che chi muove le fila delle marionette potesse permettere la diffusione di “strumenti democratici” se non per altri fini che di democratico non hanno nulla?
Un tempo esistevano delle figure professionali che se voi eravate persone di una certa importanza, ma molto importanti, avevano il compito di rendervi irraggiungibili, filtravano i vostri contatti, prendevano appunti su impegni prossimi, vi tenevano lontani dai disturbatori, poi un giorno giunse “lui” al quale ho dedicato tantissimo inchiostro, Martin Cooper che con quella sua prima telefonata di “sfregio” al suo rivale in affari, con quella cabina telefonica portatile, “consumo” un mondo a venire, aiutato da chi prima di andare dall’altro lato lascio per testamento ai giovani di “non vivere le vite degli altri” e gettò la sua mela mozzicata in questo mondo, come una granata militare all’interno di un ambiente affollato, devastando la nostra e le generazioni future.
Da allora tutti connessi, tutti monitorati, tutti mappati, tutti automi viventi di un processore sempre collegato al nostro orecchio, tutti sanno tutto di noi e a volte non ci conoscono.
Io mi diverto nelle “assemblee”, in “teatro”, al “cinema”, al “lavoro” a guardarvi negli occhi, specialmente a chi risulta mio contatto su FB nell’attesa di un vostro cenno, di un saluto, ma anche di un sorriso visto che fino a qualche ora prima mi avevate commentato un “post”, avevate messo un mi piace ad una mia foto, ma malgrado tutto non mi riconoscete, come non riconoscete la maggior parte delle persone che sono sui vostri social.
Paradossalmente conosco a menadito le vostre “tette” ostentate semi nude in ogni vostra foto estiva, ma non conosco la vostra voce e per di più mi avete regalato i vostri segreti ma non mi riconoscete, e dire che ho imparato a conoscere benissimo anche il vostro cane in tutte le sue espressioni …….
Come direbbe il mio Amico Vespertino: “Viditi che è brutto ………!”
A volte ci vorrebbero dei morphing per interpretare foto di trenta anni fa in cui stavamo bene, poi alcuni di noi hanno avuto un crollo di natura asintotica, ma non siamo diventati tutti Fabris, ma non ci riconosciamo mentre appoggiati di spalle magari stiamo chattando o parlando al telefonino tra di noi. Ci hanno fregati e alla grande ……
Per questo spesso e volentieri, moriamo distratti alla guida dei nostri mezzi o attraversando la strada, nella convinzione di essere in contatto, mentre siamo soltanto “connessi con qualcuno”, ma il contatto neanche sappiamo cosa sia.
Ci siamo disabituati a dialogare e quando lo facciamo alziamo la voce, oppure ci distraiamo dopo un po’ o anche peggio mentre stiamo ascoltando qualcuno all’improvviso lo lasciamo in tredici per parlare di un altro argomento con qualcun’ altra persona, mentre quello di prima continua a parlare da solo, prima di comprendere che l’interlocutore si è comportato come si comporta su una chat aprendo contemporaneamente più discussioni con vari soggetti.
Abbiamo addirittura preso le stesse abitudini dei “twitter” non soltanto perché ormai parliamo “all’umanità” convinti di chi sa quanta gente ci dovesse ascoltare, ma lo facciamo con frasi brevi, poche parole per non perdere “la priorità di contatto” e soprattutto l’attenzione.
Dopo la memoria, stiamo perdendo la capacità di porre attenzione, però rimaniamo sempre connessi con un grande fratello virtuale, ma ce la siamo cercata perché è nella natura dell’essere umano fare branco e metterci “a sacco morto” nelle mani di qualcuno che ci dia istruzioni e ci tolga il fastidio di pensare. Un abbraccio, Epruno.