C’è chi Viaggia in Terza Classe

Carissimi
Io non guardo a ciò che c’è oggi sotto i miei occhi, poiché ciò è come la luce delle stelle, giunta a noi oggi ma chi sa da quanto tempo estintasi, io guardo ai giovani e al futuro di questa città, guardo al loro futuro costruito lontano da qui e al loro desiderio di ritornare a realizzarsi nella loro terra.
La mia generazione ha dovuto mangiare tanta polvere e pagare tutto il doppio per realizzarsi “viaggiando in terza classe”, la più scomoda ed affollata, ma fatta di gente che aveva un sogno. Lo so, oggi non esiste nei treni la “terza 

classe”, ma metaforicamente è rimasta presente nella nostra vita come segno di distinzione economica e sociale.

Come può ripartire questo Paese se giornalmente regala le sue risorse mentali e giovani energie migliori, facendole scappare dalla propria terra d’origine? Li abbiamo visti e li vediamo partire ogni giorno, li facciamo crescere, alimentiamo su di loro progetti, li accompagniamo negli studi fino a farli laureare nelle nostre università che mediamente competono con il resto delle università italiane e poi li dobbiamo abbandonare ad un loro destino spesso lontano da questa terra, la loro terra, continuando a chiederci perché.
Chi governa oggi (e c’era anche in passato) ha tutte le colpe di ciò anche se tende a trovare scuse nella contingenza 

economica internazionale, fidando sulla poca memoria. Sono state fatte “scelte coscienti” che ci hanno portato a ciò, abbiamo distrutto le regole, i turni e la competizione ed ogni tanto qualcuno ci viene a parlare di meritocrazia, ma basata su cosa? Il merito di sapersi trovare il “padrino giusto e potente”?

Sono lontani i tempi del “pezzo di carta” da prendere per poter accedere ad un posto di lavoro, sono lontane le epoche dei concorsi, tutto ciò è distrutto da tempo, loro i giovani non lo sanno, ma noi che c’eravamo lo sappiamo.
Quanti ricordano la creazione ad arte il precariato e i lavori socialmente utili, “grande strumento sociale” (utilizzato male), fatti a termine come in altri paese e concepiti per particolari periodi di necessità durante l’anno ma divenuti 

quasi subito canali preferenziali per l’assunzione nel pubblico da prima a tempo determinato fino ad ambire ad una stabilizzazione a tempo indeterminato che hanno riempito la nostra pubblica amministrazione.

In molti si chiedono: “Sapevano tutti e allo stesso modo di tali selezioni, di tali costituzioni di cooperative finalizzate o come sempre si trattò di cose per quattro amici appartenenti ad altri cerchi magici?”. Poi vennero le altre stabilizzazioni, il recupero degli ex-detenuti (principio di per sé nobile) ma quando sarebbe toccato a chi aveva investito sul proprio futuro e non aveva il “padrino giusto e potente”? Nacque da qui il principio del “cu è fissa si sta a casa”. Finiamola con questa ipocrisia.
La politica ha l’obbligo di non lasciare indietro nessuno. Gli ultimi anni sono stati una lunga caccia a privilegi, il “furbismo” ha fatto sì che la forbice sociale si dilatasse ancora di più. Non voglio guardare sempre al passato, 

perché è il futuro che mi interessa più di tutto, i capipopolo oggi sulla ribalta hanno comunque una certa età e si sono formati in epoche diverse da quelle che stiamo vivendo e non riuscendo a leggere i segni del momento, l’unica loro esigenza è quella di rimanere a galla attraverso la coniazione di slogan, attraverso sensazionalismi, attraverso continui festini, ma io “sto male” e come me tantissimi ormai, con l’aggravante che molti oltre per la loro sorte, stanno male per la sorte dei propri figli e non è sostenibile un mondo che sta in piedi a forza di barzellette, vignette e imitazioni, mentre a fronte di pochi unti dal Signore, la stragrande maggioranza della popolazione “sta male”, è demotivata, sfiduciata ed in alcuni casi affamata, senza necessariamente giungere con il gommone dall’Africa.

È arrivato il momento di dire basta a questa ingiustizia perpetrata, a questo modello che massifica tutti verso il 

basso con un groviglio di leggi e incompatibilità per le quali devi solo accontentarti del tozzo di pane che ti diamo e non lamentarti, poiché devi sentirti già privilegiato, come può partire una seria ripresa se il libero professionista è giunto ad invidiare il dipendente che a fine mese ha un tozzo di pane sicuro?

Dov’è lo stimolo alla competizione? Dov’è il vero merito soppiantato da raccomandazioni, curriculum truccati o bandi cuciti sulla persona? Siamo l’Italia, terra dell’ingegno e siamo stati trasformati in una società superata fatta a modello della Cina maoista o dell’Unione Sovietica ante caduta del muro, la nostra burocrazia è diventata peggiore di quella Kafkiana.
Non ci si può ancora affidare a “prestigiatori” e “illusionisti”, coloro che ti allontanano dalla realtà attirando la tua attenzione su poche cose facili da fare funzionare, distraendoti dai grossi problemi, quelli difficili da risolvere, che interessano la stragrande maggioranza della gente e che così resteranno irrisolti, pronti e impacchettati per il prossimo che oltre il danno la beffa, dovrà assumersene la responsabilità.

Un abbraccio, Epruno.

Uno dei migliori posti in circolazione

Carissimi, considerate un grande concorso che si svolge con periodica cadenza nel quale una pletora di candidati con il solo titolo di cittadinanza e diritti civili integri partecipa per la vincita di uno dei migliori posti di “lavoro” oggi in circolazione che con un solo quinquennio di “attività”, spesso potrebbe pareggiare i trentacinque anni in media retributivi di un operaio che peraltro possiede gli stessi titoli di base, per non parlare di privilegi annessi e connessi.

Volete che già soltanto questo non possa essere di grande stimolo?

In più, per un’istituzione così “speciale” altamente politicizzata la vittoria dell’uno o dell’altro schieramento, ma addirittura dell’uno o dell’altro candidato mette in moto un vero e proprio “spoils system” a qualunque livello della burocrazia, con conseguenti attribuzioni d’incarichi di staff, di consulenze esterne, di rotazioni d’incarichi interni che considerata la “galassia” del numero degli impiegati, compreso le partecipate e i precari che intorno a ciò ruota, vi renderete conto di quanta gente “con famiglia” e in nove province di una delle regioni più grandi d’Italia in questo periodo faccia sogni poco tranquilli.

Se a ciò aggiungete illustri sconosciuti che dalla notte al giorno diventano “assessori” o che nello stesso arco temporale possono scomparire, professionisti esterni in cerca d’incarichi, dirigenti generali che sono promossi o degradati, personale di staff al “gabinetto politico” dei vari assessori, il “gioco” è grosso.

Quindi davanti a una scheda elettorale e con la matita in mano ognuno di noi ha una grande responsabilità, poiché se continuando quest’andazzo non cambierà le sorti di questa terra, certamente finirà per cambiare la vita di non so quanti burocrati.

In questa competizione non è come nelle amministrative della capitale, dove alla fine, per parafrasare un famoso giornalista che per spiegare il calcio diceva “si gioca undici contro undici ma alla fine vincono sempre i tedeschi”, qui vince uno o l’altro o l’altro ancora sono “situazioni amare”.

E allora come si fa per votare bene? Bisogna tenersi informati sui risultati ottenuti dagli schieramenti negli anni di governo? La fate facile a parlare di schieramenti, già molti di noi fanno fatica a ricordare facce e nomi di deputati, sigle di continui partiti in cambiamento e movimenti, figuratevi quanti si possono ricordare di chi prima stava da un lato e oggi sta da un altro lato, ma domani potrebbe stare da un altro lato ancora.

Potremmo affidarci ai programmi elettorali. Sono lontani quei tempi in cui nelle piazze sentivamo slogan del tipo “la Trinacria deve diventare indipendente”, oppure “il pane ai poveri e le terre ai lavoratori”, oggi quelli che vanno di moda e che personalmente adoro di più perché ne sento parlare da quando mi sono laureato sono: “con questa terra e questo clima dovremmo vivere di solo turismo” oppure “dobbiamo sfruttare meglio i fondi comunitari”.

Due “slogan-verità” che fanno sempre effetto e vanno sempre di moda e che se non hanno cambiato le sorti di questa terra ma almeno hanno dato lavoro ai conferenzieri, professori, studiosi e consulenti che ne hanno parlato.

Dice ma perché non è vero? Sì, ma quando cominciamo e soprattutto quando arrivano quelli che in nostra vece dovrebbero lavorare affinché tutti si potesse vivere di solo turismo?

Ma lo slogan che mi fa impazzire di più e il recente: “in questa terra vi è una continua fuga di cervelli, i nostri migliori giovani vanno via per cercare lavoro all’estero.”

Ovvio, no? I nostri giovani che sono migliori di noi che li abbiamo preceduti e che siamo caduti nell’inganno, guardatisi intorno, letto dai mezzi d’informazione ciò che doveva esser letto, hanno preparato la loro valigia.

I nostri giovani guardata la bella laurea con un bel centodieci, la lode, pubblicazione, bacio in fronte, inno d’Italia e battute di mano, alzato lo sguardo e già nella sola preoccupazione che qualche altro stimato “cantautore” o “uomo dello spettacolo” possa esser chiamato a governare e risolvere le sorti di questa terra, con la freschezza e la genuinità che solo un ventenne può avere (parafrasando Don Calogero) dicono: “Va pozzu diri na cosa? Iti a fari nto ……..”

Un abbraccio Epruno.