Carissimi, “si è spenta”.
Senti un’affermazione del genere e in città piomba il panico e in un momento di “efficientismo dichiarato”, la città dell’accoglienza e dei “nemici da cuntintizza”, la “città di Google e Alì”, la città del “percepito non a tutti visibile”, la “novella città di Matrix”, devi subito andare a caccia di notizie che probabilmente ti sono sfuggite o sono state trascurate.

Ma “si è spenta” cosa? A me un po’ “più allitterato” la frase “si è spenta” ricorda l’opera La Traviata e la famosa frase pronunciata dal dottore che constata la morte di Violetta e che come molti di voi sapranno, grazie anche al mitico film di Alberto Sordi “Permette Babbo”, non viene pronunciata più dai tempi della morte di Giuseppe Verdi. Chi potrebbe oggi osare tanto?

Può darsi che “si è spenta” l’illuminazione stradale? Quante volte incoraggiati in questa voglia di “pedonalizzazione forzata” durante le nostre passeggiate, ci troviamo a fare i conti con le nostre strade che ci sembrano buie, o poco illuminate o illuminate male con lampade alimentate a vapori di mercurio come le strade fuori dai centri abitati? Ci disturba la mancanza di una buona illuminazione stradale e la circostanza che se non fosse per le vetrine o i faretti condominiali aggiunti tutto ci sembrerebbe buio. Quante volte abbiamo la sensazione che i pali dell’illuminazione stradale siano spenti? Poi magari alziamo gli occhi e ci accorgiamo che la presenza di luce stradale è costante ma direttamente posta sugli alberi e ciò ci spiega l’innaturale presenza delle cicale tutto l’anno.

Così ci poniamo un altro interrogativo: “È nato prima l’albero o il lampione?”

Se trattasi di luce, potrebbe anche riferirsi alla notizia, riportata sui giornali locali, della “brutta sorpresa per i visitatori della Galleria d’arte Moderna di Palermo, numerosi per la mostra fotografica di Henri Cartier-Bresson che hanno trovato almeno tre stanze, rimaste completamente al buio”. Anche se la frase “si è spenta” non ci sembra attribuibile a un fatto contingente, quest’appare più un caso consono al concetto di “volere e potere”, poiché fin quando ci si ostinerà a non comprendere che il servizio pubblico è una cosa seria e in quanto tale deve offrire standard di qualità superiori al settore privato, uscendo fuori da qualunque ipocrisia e “cantonaggini”, tali contrattempi saranno all’ordine del giorno.
Che cosa costerebbe ritornare a una manutenzione affidata a global-service, ammodernando impianti di vecchia concezione, provvedendo a una trasformazione a LED di tutte le luci, ormai diffusissima e affidabilissima che abbatterebbe i costi di gestione notevoli? Il pubblico non può improvvisarsi concorrenziale sia in fase di progettazione che in fase di realizzazione sostituendosi a chi fa impresa, offrendo gli stessi servizi con qualità ed economia.

Purtroppo quella che “si è spenta” e la voglia e l’entusiasmo di molti di noi che giornalmente tentano di cambiare le cose, coloro che insieme a un progetto redigono un piano di utilizzo e di manutenzione, pur sapendo e parlo con cognizione che spesso tali accorgimenti sono sacrificati alla ragion di stato con la scusa di scarsezze di fondi economici, non sapendo che poiché sono tali accorgimenti che ti permettono di risparmiare e utilizzare con parsimonia le risorse.

Questo non è un paese serio, lo ripeto da anni, si lavora male, si pensa peggio e non sarà “né Google, né Alì” né la “città fatta da individui” a portarci fuori dalla “vera palude” nella quale si è sempre vissuti, se ognuno non torna a fare ciò che sa fare, se non ritorna la cultura del lavoro e se non saremo in grado di fare veramente “sistema”.

Un Abbraccio
Epruno