Carissimi

Non riesco a scegliere quale possa essere l’evento o l’accadimento che meriterebbe di esser commentato con voi, miei cari 24 lettori, visto il proliferare di situazioni degli ultimi giorni. Vi avrei voluto parlare della polemica sui ritardi del PNRR e della mia certezza che fin quando non rivedremo l’organizzazione della pubblica amministrazione, più vocata a creare comitati di controllo che postazioni tecniche di lavoro, resterà una delle tante occasioni mancate, ma avendo perso l’attimo fuggente anche questa notizia è apparsa subito superata.

Avrei come sempre potuto parlare di come proliferano gli scavi ed i ripristini fatti male in città e con esso le nuove buche e gli avvallamenti, creino costantemente pericoli per la cittadinanza, ma sembra che senza risorse economiche, anche queste siano andate in prescrizione.

Vi avrei voluto parlare della pandemia “finita” così come era iniziata con un annuncio in “tv” (piango per coloro che non avevano una televisione), ma per commentare ciò ci vuole “gente ca sinni sienti”, e scusate, ma io personalmente sono ancora sotto l’influenza dei postumi e potrei apparire inusitato nei commenti.

Avrei potuto parlare di come secondo qualcuno i luoghi dell’arte cittadini piangano della carenza da qualche tempo di determinate “figure”, ma suppongo che parlerei del nulla visto che non trovo riscontro di fonti e di contro registro una inconsueta vitalità di attività e programmi culturali, oltre un riscontro numerico dei visitatori lusinghiero che mi spingono a lasciare ai “veri” esperti del settore la discussione, nelle sedi realmente accreditate.

Avrei potuto parlare di tante altre cose delegate nelle pagine della domenica, a volte barbose, ma mi va come sempre di “cazzeggiare nel fine settimana” e di farvi sorridere un po’, prima di ritornare ai pensieri lavorativi delle nostre settimane ed allora con punto di vista eprunico ecco la mia decisione di parlare dei festeggiamenti per l’incoronazione di Carletto III il re e della sua “adorata  consorte” (come avrebbe di certo detto nel baciamano uno dei due fratelli La Marca).

Che tenerezza vedere i “sudditi” accampati lungo il percorso della carrozza reale nell’attesa di quell’istante nel quale “lui” il re, sarebbe passato su tanto oro e avvolto nell’ermellino salutando mostrando solo il dorso della mano al popolo come chi pensa, “io so io, e voi …….”.

Ma c’è voluto poco per rendermi conto che sfortunatamente per i britannici, parallelamente altri festeggiamenti, meritavano maggiore attenzione, come quello per lo scudetto del Napoli che, come proporzione, hanno fatto passare le parate per l’incoronazione della casa reale inglese per una festa di quartiere.

Ma cosa volete che siano 70 anni personali di attesa di Carlo rispetto ai 33 anni di attesa di un intero popolo napoletano per lo scudetto?

Come potere paragonare tali festeggiamenti di due sole persone (i reali) al festeggiamo scoppiato in città, a Napoli, al secondo dei tre fischi finali dell’arbitro di Udinese – Napoli, quando finanche il Vesuvio si è sentito come il rigurgito di un neonato davanti alla miriade di botti e fuochi di artificio in contemporanea in ogni vicolo, “ma il tutto fatto nel rispetto delle regole e delle disposizioni della prefettura che vietavano qualunque botto”.

Del resto, “quello che mi preme rappresentare è il senso di responsabilità della popolazione, c’era un divieto di circolazione ed è stato rispettato” (dichiarazione del prefetto), si è visto anche in televisione, il modo sobrio fortemente british di festeggiare e senza bisogno di prove settimanali. Sono certo che l’adorata gente di Napoli si è goduta alla grande una soddisfazione che per noi meridionali è rara ma che quando accade è una soddisfazione per tutti e senza che nessuno si affacci ai balconi per salutare.

I napoletani i “re lazzaroni” li hanno sostituito da tempo con il culto di Maradona, le cui effige sono di certo più diffuse tra i napoletani di quanto possano essere oggi le effige del re per i britannici, così come lo diverrà la mascherina di Osimhen, diventata virale tra il popolo azzurro, con una geniale fantasia che solo ai piedi del Vesuvio poteva far passare la riproduzione di uno strumento per la protezione della rottura nasale quale oggetto di culto. Complimenti al Napoli e ai napoletani. Un abbraccio, Epruno.