(880) Carissimi
Eccoci qua, non sappiamo in quale modo scegliere di distrarci e tutto ciò che ascoltiamo invece di mettere certezza, finisce giorno per giorno per alimentare l’incertezza.
Abbiamo parlato spesso di narrazione e di contro parlato anche di verità finendo per prendere in considerazione l’ipotesi della molteplicità delle verità, specialmente di quelle raccontate e avendo perso il conforto dell’oggettività dei fatti, non c’è rimasto che affidarci alla soggettività delle interpretazioni.
Tanti anni fa ho conosciuto un filosofo, uno di quelli veri e sebbene lui facesse il carpentiere come mestiere e fosse scolarizzato fino alla quinta elementare, nei suoi momenti liberi mi regalava perle di saggezza popolare che difficilmente avrei trovato sui libri del liceo, ma la profondità dei concetti regalatimi e che ancora oggi prendo a riferimento, mi sono serviti per conoscere meglio l’uomo e quello che dal prossimo mi sarei potuto aspettare.
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(1204) Carissimi
Oggi di che parliamo?
“All’ordine del giorno l’argomento: a chi piace la mortadella. È iscritto a parlare l’onorevole Burbazza del movimento per la felicità interrotta nel momento migliore, mi raccomando onorevole, sia breve, non più di tre minuti.”
E così Burbazza parlerà e dirà: “a me piace la mortadella, specialmente quando la mattina mi procuro una bella scaletta da farcire, calda, calda, appena sfornata, e posso dire che il mangiare il panino con la mortadella per me rappresenta una sostanziosa e soddisfacente colazione.”
A quel punto ci sarà di sicuro l’opposizione che interverrà dicendo che la mortadella fa male, che è immorale affettare un maiale per ricavarne la mortadella, mentre sarebbe più salutare farsi una bella tazza di latte con i biscotti e tra interventi e repliche, secondo la prassi del dibattito politico parlamentare italiano, dove ogni giorno si trova un argomento che possa permettere la continua dialettica con l’opposizione, si lascia trascorre il tempo concentrandosi per un paio di settimane su ciò per poi magari riuscire a dire: “sì la mortadella è buona però di prima mattina……eviterei.”
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(1137) Carissimi
Come ogni settimana, giunto al venerdì, già fin dalla mattina come sapete, mi lascio andare all’esternazione “Grazie a Dio è venerdì”, parafrasando il titolo di un famoso film di qualche anno fa, ma in maniera palese auspicando quello che dovrebbe rappresentare per noi il fine settimana nel quale concentrare tutti quei desideri e tutte quelle cose che durante la settimana non è stato possibile fare per il rispetto dei nostri impegni di lavoro, per la programmazione della nostra settimane e diciamolo crescendo anche per un po’ di stanchezza.
Allora ecco che arriva il venerdì che spesso fa da antifona a un sabato e una domenica, personalmente relegato a casa, seduto non necessariamente in pantofole, ma davanti a questo monitor di computer che oltre a caratterizzare tutta la settimana, finisce per caratterizzare anche il mio fine settimana come se non ci fosse un’interruzione ma una soluzione di continuità, anche chiamandolo in maniera diversa, ma nella sostanza continuando a lavorare.
I popoli nordici, avendo dato l’anima durante la settimana, lavorando molto spesso nelle fabbriche o in attività che realmente ti prendono tempo e salute e non in attività da “passaggio di cartellino all’orario prestabilito e per mezza giornata”, giunti alla fine del pomeriggio del venerdì, staccano completamente la spina e per pronto accomodo, passano la serata al pub, in birreria, a seconda della latitudine, a fare una bella bevuta tonificante e rilassante, dopodiché, l’indomani mattina si mettono nella macchina, rigorosamente una station wagon o un SUV che in quei contesti hanno motivo di esistere e si mettono in viaggio ordinatamente incolonnati verso le località vicine o le seconde case, nell’intento di ricaricare le batterie.
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(870) Carissimi
Mi fido ormai soltanto di ciò che vedo e sento personalmente.
Tutto è social, tutti sono influencer, tutto diventa occasione di talk show.
Come si può fare, senza esser testimone nelle zone dove i fatti accadono o senza esser protagonista delle vicende a potersi costruire la propria idea non influenzata?
È difficile.
Sono meravigliato di tanto chiacchiericcio che probabilmente è frutto dell’influenza dei social che sono riusciti in alcuni casi a cambiare anche delle impostazioni ataviche del nostro carattere, prima legato al “cu picca parra, picca sgarra” e oggi invece ribalta, dove tutti vogliono parlare e devono sparare la propria minchiata facendola passare per verità.
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Carissimi
Da dove si ricomincia se vogliamo dare soluzione di continuità?
Questo come dettovi è per me un anno importante perché coincide con il venticinquesimo anniversari dell’inizio di questa mia attività “narrativa a mezzo di settimanali editoriali” che ha raccontato di tutto e di tutti, anche contro corrente, anche contro il “potere del momento” in grande libertà di pensiero senza necessariamente prostrarsi per captatio benevolentiae poiché non avrebbe avuto alcun senso, sarebbe stata una perdita di tempo.
Io parlo dell’uomo (Diogene cercava l’uomo illuminando il suo percorso attraverso la sua lanterna …….. e chi sa cos’altro da quell’uomo), io mi sono divertito a sottolineare gli aspetti curiosi dell’essere e a cercare spunti che potessero migliorare questa nostra società attraverso il miglioramento di noi stessi.
Giunti ad una età maggiore di quella di Diogene, impariamo che non bastano le lanterne e neanche le lucciole (aimè), la tanta acqua che è passata sotto i ponti ci ha svelato che il pensiero si costruisce attraverso la formazione e l’indottrinamento e per questo essenziale è stato tenersi lontano dai cattivi maestri, da coloro che formano le menti altrui a proprio servizio, dalle false religioni, da chi vuole colmare vuoti della propria esistenza attraverso l’aiuto di chi ci chiede di dargli in prestito il nostro cervello.
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Carissimi
Eccoci giunti alla fine questo anno bisestile accompagnato da tutte le dicerie malpensanti su di esso e su tutte le nefaste situazioni che da solo si porta con sé.
Sarà Capodanno, cosa faremo a Capodanno sarà il tormentone per tanta gente, usciti fuori da una festa religiosa che è diventata la festa della famiglia, stonati e satolli ci vediamo catapultati verso la fine dell’anno senza neanche accorgercene, ma vorremo comunque brindare all’arrivo di un nuovo anno.
Certo è curioso pensare che miliardi di persone possano avere aspettative in contemporanea dal passaggio di un anno, pur consapevoli di parlare di due giorni consecutivi uno ingaggiato in un anno e il seguente nell’anno successivo, sappiamo tutti che trattasi di convenzioni, legate a fatti astronomici e soprattutto a calcoli matematici, ma ognuno faccia come gli piace, crediamoci.
Noi occidentali siamo sempre presuntuosi e convinti di esser obbligatoriamente il centro del mondo, il fulcro delle attenzioni, abbiamo iniziato noi con il “Dio lo vuole” convinti di essere i privilegiati ad avere un contatto diretto con Dio in un epoca nel quale non esistevano neanche i telefonini, e abbiamo tentato di imporre le nostre regole, utilizzando il calendario Giuliano, ma non perdete tempo a cercare chi fosse questo Giuliano che legò la conta del nostro tempo al calendario solare basato sul ciclo delle stagioni, lui in realtà era un astronomo greco dal nome Sosigene di Alessandria e il suo calendario fu promulgato da Giulio Cesare (ecco da chi prende il nome), nell’anno 46 a.C.
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Carissimi
Proverò a telefonare a Giovanni. E’ in momenti come questi che preso anche dalle emozioni tornando verso casa il mio primo pensiero è “adesso telefono a Giovanni, ne parlo con lui e commentiamo”, qualche volta magari per parlare delle quotidiane delusioni, qualche volta per renderlo felice degli straordinari successi da me ottenuti, qualche volta così, solamente per farmi strapazzare dai suoi giudizi sempre disinteressati e mossi dal solo affetto, convinto che chiusa quella telefonata l’indomani mattina ci risentiremo come se nulla fosse successo.
Telefonerò a Giovanni perché solo con lui ne posso parlare, Telefonerò a Giovanni perché è a lui che posso strappare un sorriso fidando sulla sua memoria. Telefonerò a Giovanni perché il suo punto di vista di una persona più grande è più che mai scevro da qualunque condizionamento ed è spesso tante volte viscerale, ed è proprio quello che mi ci vuole poiché lui è in condizione di dire quello che io vorrei dire ma che ancora non ho la dovuta esperienza di poterlo fare.
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Carissimi
Oltre al sogno, il viaggio e la pazzia che stanno alla base della filosofia di vita di Epruno, da qualche tempo mi sono ritrovato ad apprezzare e auspicare la normalità.
Aprivamo con il partner del serio cazzeggio, dieci anni fa le trasmissioni settimanali radiofoniche e ci chiedevamo: “cosa è successo questa settimana?” La risposta a volte provocatoria era …… “nulla”.
In verità, non volevamo dare spazio al dibattito politico che spesso non produce nulla se non un artificioso contraddittorio e ci rifugiavamo nella convinzione che la risposta esatta fosse “nulla”, ma oggi ancor di più, nel mio intento di garantirmi una personale qualità di vita (almeno per me), il sognare che non sia successo nulla equivale a dire che quanto accade mi sta bene, mi soddisfa.
Pertanto, eccomi in moto per strada per affrontare gli attraversamenti del mio quotidiano.
Anche se Benigni non l’avesse indicato come piaga di questa terra, noi che ci abitiamo sappiamo bene che “il trafffico” è il momento nel quale i palermitani di ogni censo, messi insieme per strada decidano di fare ognuno i “cavolacci propri” dando sfogo al loro carattere e se a questo aggiungiamo delle scelte imbarazzanti da parte di chi governa le strategie della cosa pubblica eccoci nel pieno “burdello”.
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“Sicilia solatia duro paese
cui regnarono guitti e malacarne
cui tenne pure il “Tappiator Cortese”
re della strada e re della pochezza.”
Carissimi
Giovanni Pascoli mi perdonerà per questa parafrasi di una sua bella poesia ma oggi mi sono trovato a pensare a questo personaggio che nella mia infanzia mi impressionò tantissimo e che io soprannominai il “Tappiator Cortese” poiché era una persona veramente solare, gioviale e conduceva una bella vita molto al di sopra delle sue possibilità, benché le sue possibilità fossero pari a zero ed era molto gentile con noi ragazzi che giocavamo sul marciapiede.
Era veramente uno spettacolo vederlo arrivare con macchina sempre diverse, tra le più belle e sportive che non duravano nelle sue mani più di 15 giorni. Come potevamo noi capire quale meccanismo stesse dietro a questi eventi?
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Carissimi
La vita è una grande commedia e toccherà a noi prendere consapevolezza di che tipo di attore siamo stati alla fine di un impegnativo percorso.
Ognuno di noi recita, qualcuno tra i più fortunati a soggetto, tutti gli atti di certo seguono un copione sempre lo stesso scritto da altri, scritto tanto tempo fa e riempiono la loro bocca di frasi di altri e finiscono molto spesso per fare le comparse nella vita altrui, o ancor peggio le comparse nella propria vita, essendo di corredo o arredo a contesti familiari e lavorativi che di certo potrebbero andare avanti anche senza la loro presenza, in quanto “nessuno è indispensabile a questo mondo” (una delle più grosse bugie venduta al prossimo per tenerlo buono e tranquillo).
Saremo capo compagnia di filodrammatiche di parrocchia ed emergeremo solamente perché il resto della compagnia e di certo mediocre, come potremmo essere grandi attori talentuosi in contesti sottostimati ma la sostanza non cambia, la vita è sempre una commedia.
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