Carissimi,
A cosa dovrebbe servire l’amicizia, se non alla condivisione di passioni, sentimenti, opinioni e persino di quelle sensazioni che, a volte, non riusciamo nemmeno a spiegare?
Parlare senza mezzi termini in un gruppo di persone fidate, vantandosi magari di cose non proprio corrette, talvolta borderline, sperando che quanto detto – come si suol dire – “rimanga tra di noi”.
Eppure oggi parlare è diventato complicato; dialogare, poi, quasi un lusso. La televisione di bassa lega e i social network hanno modificato così profondamente i nostri costumi da concedere visibilità – e, ahimè, coraggio – anche a individui che, prima, nessuno avrebbe mai pensato di far esibire in pubblico. Il risultato? Hanno scoperto di esistere.
Riconoscerli non è difficile: c’è sempre quel luccichio sospetto negli occhi, quella scintilla che segnala l’avviamento di un cervello “aggrippato”. Prima ancora che parlino, è evidente che non stanno realmente ascoltando ciò che diciamo: sono già pronti a intervenire, spesso in contraddizione, talvolta fuori tema, sempre con sorprendente sicurezza. Un talento naturale.
Così abbiamo perso il dialogo; così abbiamo perso l’uditorio fidelizzato.
Gli ambienti quotidiani sono affollati di individui silenziosi, sempre in ascolto, pronti a registrare, riportare – e, naturalmente, travisare – ogni frase udita. Sono persone che commerciano con le opinioni altrui, vendendole a chi può trarne vantaggio e traendone a propria volta un piccolo tornaconto: un’antica attività umana, oggi declinata in chiave moderna.
Questi sono i delatori.




Carissimi,
Carissimi
Carissimi
Carissimi
Carissimi
Carissimi
Carissimi
Carissimi
Carissimi







