Archivio per la categoria: Epruno – Il meglio della vita (ilsicilia.it)

“Quis custodiet panem et Inzaghi?”

Carissimi

Certo che questo Decimo Giunio Giovenale, al suo tempo, nell’antica Roma, doveva esser considerato come un rompi coglioni e un nemicu da cuntintizza.

Autore satirico e poeta, a lui sono attribuite una serie di frasi passate alla storia, una delle quali, pesa ancora come un macigno: “Quis custodiet ipsos custodes?”

A distanza di più di duemila anni continuiamo a chiedercelo: “Chi sorveglierà i sorveglianti”?

Ma quello che di Decimo ricordiamo maggiormente è quella meravigliosa espressione, “panem et circenses”.

La frase, che significa “pane e giochi circensi”, compare nella sua opera “Satire” e Giovenale la usò per descrivere come i governanti romani cercassero di mantenere il controllo sulla popolazione offrendo cibo e intrattenimento, piuttosto che affrontare le vere questioni politiche e sociali.

Vi ricorda qualcosa?

Quante volte accusiamo i nostri governanti di distrarci con spettacoli e beni materiali, introducendo finanche i santi e gli eroi, invece di promuovere una vera partecipazione politica e risolvere i problemi reali.

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Era solo frutto del Photoshop

Carissimi

Siamo stanchi “ma non possiamo abbandonarci alle onde” meglio navigare per un po’ nel buio.

In un periodo in cui la ribalta sembra essere l’ambizione maggiore, il basso profilo finisce per essere un ottimo investimento poiché chi si ricorda di coloro che hanno fatto opinione nei periodi in cui le cose sono andate male?

La ribalta e l’ambizione di riciclarsi per essere sempre l’uomo per tutte le stagioni, contrastano, non c’è pessimismo in ciò che sto per dire ma soltanto lungimiranza e conoscenza della storia.

Non ho conosciuto cantori del potere che hanno continuato a passarsela bene avvicendatisi gli uomini e le situazioni (senza necessariamente passare per rivoluzioni), di contro non ho trovato geni sostenibili che non sono passati attraverso gli stenti e la sofferenza d’animo.

Non ho mai visto uomini di grande contenuto mettere a disposizione questa grande dote del potere regnante, magari ho incontrato bastian contrari, dissidenti in esilio, “Pasquini” e quanto altro nell’anonimato, ma mai cantori se non poveri zerbini o magari coloro che vista la cassetta delle offerte a portata di mano non hanno esitato un attimo a fare il colpaccio.

Cosa resterà quindi di questi “anni venti”?

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Ne siete certi che “Lui” lo voglia?

Carissimi

Quale Dio lo ha voluto?

In quale religione era scritto che l’uomo dovesse sopprimere il suo prossimo pur di far valere il proprio credo?

In quale previsione razionale nel XXI secolo si sarebbe dovuto ritornare alle guerre di campanile, esaltando in un contesto vocatosi da tempo alla globalizzazione, una miriade di realtà che valorizzino le differenze e non i minimi comuni multipli?

Come fa l’essere umano nel duemila ancora a non comprendere il valore della vita umana?

Come si può ancora oggi mettere il denaro e il profitto davanti alla stessa vita?

Sono tante domande, da qualche tempo sono le solite domande che purtroppo non vogliono avere risposte poiché queste evidenzierebbero lo scarso livello intellettivo verso cui il genere umano ormai si sta dirigendo.

Abbiamo lasciato alle spalle un secolo nel quale, malgrado le devastanti ferite di due guerre mondiali, l’uomo ha cercato di accrescere il proprio sapere, ha voluto il suffragio universale, ha effettuato le grandi invenzioni e scoperte, ha organizzato una istruzione che almeno fino agli anni sessanta si è basata su un rigore didattico e buoni maestri.

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“Dunque, dove eravamo rimasti?”

Carissimi

“Dunque, dove eravamo rimasti?”

Una frase molto pesante detta con un sorriso è un’espressione di una persona che aveva sofferto quella che doveva essere la più grossa delle ingiustizie frutto dello spergiuro, la calunnia, la falsa accusa l’ingiusta condanna e la immeritata detenzione.

Quando l’opinione pubblica riesce a farsi manipolare dagli spergiuri, a quel punto non c’è più giustizia e la persona innocente da quel momento è costretta a vivere con l’unico intento di doversi scagionare da false accuse mentre chi costruisce le stesse ad arte magari riesce a costruire per sé una ribalta e avere vantaggi dall’aver rovinato un individuo e il suo contesto familiare.

Lo dico spesso nelle riunioni, dopo averne sentite da tutte le campane: “Palla al centro……. Dunque, dove eravamo rimasti?”

Il lungo viaggio o la lunga pausa, a volte fanno in modo che perdiamo quasi di memoria il punto del nostro precedente arrivo da cui ripartire e quindi abbiamo necessità di doverci chiedere “dove eravamo rimasti”.

Non tutti dopo una lunga “fermata”, una grande “assenza” o un viaggio complicato che ci ha portati lontano hanno la voglia, ancor prima di trovare la forza, di riprendere il cammino e chiedersi: “dunque, dove eravamo rimasti?”

Bisogna avere grande fede nel nostro progetto di vita per volerlo continuare, riprendendo dal punto della sua interruzione credendo che lo si possa fare come se nulla prima fosse successo, ma purtroppo non è così, poiché l’individuo non è un apparato elettronico al quale puoi sostituire una scheda e andare avanti, purtroppo è un organismo complicato che tiene memoria di tutti i danni subiti e delle sue riparazioni e per quanto la riparazione possa esser stata perfetta, presenterà il conto al momento giusto.

Accade ciò per le vicende giornaliere della nostra vita, a volte piccole, in apparenza insignificanti ma essendo l’individuo predisposto alla “offesa strenua” per la tutela della propria posizione, una volta cimentatosi nello spergiuro, come lo fa per le piccole cose, alla stessa stregua lo fa per le grandi cose senza preoccuparsi cinicamente delle conseguenze per il prossimo.

Accadde così che un “Uomo Perbene” una sera tornato in TV, dopo una terribile vicenda giudiziaria che lo aveva visto imprigionare grazie ad una testimonianza di persone senza onore e giudizi di giudici indegni della loro toga, davanti ad un pubblico plaudente in piedi pronuncio:

Dunque, dove eravamo rimasti? Potrei dire moltissime cose e ne dirò poche, una me la consentirete………….ed ora cominciamo come facevamo esattamente una volta.” (20.02.1987)

Conosciamo tutto della vita degli altri, sol perché prendiamo lo stesso ascensore, addirittura facciamo colazione insieme, o condividiamo un posto di lavoro seduti in due scrivanie difronte per qualche tempo.

Eppure, a volte è “Mago Zurli” un personaggio strano in pagliaccetto a rimanerci Amico e crederci contro “qualunque palese evidenza” (seppur falsa), mentre tutto “il palazzo”, “l’azienda” e gli “amici di sempre” ci abbandonano prendendo le distanze allineandosi al giudizio collettivo fatto attraverso la delazione e l’invidia altrui o soltanto per aver letto storie sui giornali o visto programmi in TV.

Malgrado il ritorno e la risoluzione di questa nefanda vicenda giudiziaria, fu il destino a non dare alla “persona Perbene” la definitiva assoluzione, poiché ammalatosi di una grave malattia, venne a mancare circa un anno dopo (18.05.1988).

Restano di Lui, oltre alle battaglie portate avanti grazie alla sua candidatura al parlamento europeo nelle liste del partito radicale, una “colonna infame” spezzata che contiene le sue ceneri insieme a una copia del libro di Alessandro Manzoni “Storia della colonna infame”, uno dei primi casi documentati di giustizia sbagliata in Italia nell’edizione con prefazione di Leonardo Sciascia “che non sia un’illusione”.

Non sempre, non tutti hanno la possibilità di ricostruirsi una ribalta e poter dire: “Dunque, dove eravamo rimasti?”

Resto disorientato davanti ad episodi di giustizia seppur portati avanti sulla traccia di leggi in vigore che permettono a pluriomicidi di godere di benefici di legge tali da portarli allo sconto di pena e alla libertà.

La giustizia umana è umana come chi la mette in pratica, l’errore, la calunnia, l’invidia sono negatività umane ma sono armi letali, a volte mortali, poiché da tali ferite non si guarisce.

Un abbraccio, Epruno.

 

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Siamo in Grado Ancora di Sognare?

Carissimi

Io ho avuto un sogno e continuo ad avere un sogno.

Ho sempre sperato che questo sogno fosse condiviso, ma lo ammetto, ho sbagliato a pensarlo e ho sbagliato in buona fede poiché come fanno tutti coloro che confondono il mezzo con l’obiettivo, ho creduto che questo autobus (la vita) fosse nato con me, fosse il mio autobus e tutti coloro che durante la corsa salivano e scendevano alle varie fermate, salivano e scendevano dalla mia vita.

Purtroppo, bisognava cambiare il punto di visto (e noi “matematici” ne sappiamo qualcosa) da Euleriano a Cartesiano e il mondo cambia completamente.

L’autobus nel quale sto viaggiando, esisteva prima di ma e continuerà ad esistere dopo di me, per chi lo guarderà dal di fuori, ed anche io ad un tratto scenderò dalla vita di altri, così come sono salito.

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“E il Naufragar m’è Dolce in Questo Mare”

Carissimi

Chi ha perso oggi domani vincerà, chi ha vinto oggi domani perderà, non è soltanto statistica ma è il naturale avvicendarsi delle battaglie della vita e allora nel momento in cui ci si organizza in schieramenti, o si sa che uno vincerà e gli altri perderanno, bisogna accettare la competizione con tanta sportività sapendo che chi compete vince o perde ma scende sempre in campo per dare il meglio di sé stesso con correttezza.

Noi siamo stati abituati, dal momento in cui sono venuti a mancare i grandi ideali, alla circostanza che si alimentassero sempre più le grandi schiere dei voltagabbana e di coloro che salgono sul carro dei vincitori, coloro che come dico sempre, nella vita pareggiano poiché non hanno neanche la dignità di perdere ogni tanto, per imparare dai propri limiti a migliorarsi.

Costoro sono il vero cancro della nostra comunità, poiché non sono disponibili a dare qualcosa per gli altri (gratuitamente) ma coltivano soltanto il proprio ego pur di arrivare al proprio scopo che non “odora” certo di santità.

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Vissi d’Arte, Vissi di Consuetudine

Carissimi

Che cosa è la consuetudine? Perché in un’epoca di “talent” chiunque si cimenti in un mestiere anche con consuetudine si definisce un artista, a volte ricorrendo alla tradizione per giustificare la consuetudine e quindi millantare il titolo di artista e/o professionista?

Pertanto, lungi da me dal fare una lezione linguistica (non è il mio mestiere), mi piace approfittare di questi nostri appuntamenti per chiarire determinati punti di vista sull’uso improprio dei termini al giorno d’oggi, per fissare dei paletti di riferimento nel nostro comune intendere.

Ad esempio, se facciamo una ricerca nei vocabolari “ca sinni sientinu” alla parola “consuetudine” troviamo questo significato:

La consuetudine, in italiano, significa abitudine, usanza, tradizione o costume” e in più (attenzione) può riferirsi sia a un comportamento individuale consolidato, sia a pratiche sociali diffuse. La consuetudine è un elemento fondamentale nella formazione della cultura e delle norme sociali.

Assodato ciò esistono i ruoli in questa nostra società, l’individuo a volte usa “autodefinirsi” il più delle volte sono gli altri che lo “definiscono” anche solo dopo un esame superficiale o ancor peggio per sentito dire.

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Rispettare le Regole che ci Hanno Messi Insieme

Carissimi

La mediocrità costa pochissimo, ormai quasi quanto la scarsezza.

Se noi siamo il meglio che c’è in giro probabilmente c’e qualcosa che non sta ruotando nel verso giusto.

Non crediamo più nella forza della rappresentatività democratica, lasciamo in mano ad altri tipi di contesti il compito di dettare le opinioni e noi come lobotomizzati prendiamo appunti, riportiamo frasi altrui, ci facciamo opinione su tutto, diventiamo esperti di materie impensabili una volta che la TV ci accende davanti agli occhi un tema qualunque.

Abbiamo ridicolizzato la politica attraverso la derisione dei suoi protagonisti, miniamo giornalmente la loro autorevolezza e così facendo allontaniamo la politica dalla gente comune, ne creiamo quasi un rigetto che fa il paio con la volontà di chi dall’alto ne ha tolto le preferenze e scelto le nomine.

Il candidato diventa uno stalker al momento dell’elezione e scompare di colpo il giorno dopo, mettendo specialmente dopo il successo costruito a tavolino mediante una nomina su un collegio sicuro, rimanendo un “santino parlante” attraverso profili nei social nella stragrande maggioranza dei casi non gestiti neanche in prima persona, e quindi mai un dialogo, mai un confronto, ma solo sterili prediche faziose.

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Che fine ha fatto la lingua Italiana in TV?

Carissimi

Oggi basta che qualcuno si metta una magliettina con una scritta, una spillina nell’asola, o addirittura una fascia a tracolla che si sente autorizzato (non solo a parlare, poiché questa è stata una grande conquista per tutti noi) ad avere un auditorio (è questo non è cosa da poco) e a sparare “minchiate” nella stragrande percentuale dei casi.

Grazie al cielo c’è ancora quella minima percentuale di oratori, intrattenitori, presentatori che, quando parlano sanno che cosa dire e per parte nostra è sempre bello poterli ascoltare per accrescere anche culturalmente il nostro sapere, ma se tutti parlano, posso avere ancor prima di ascoltarli quanto meno il diritto di sentir parlar bene la nostra lingua?

Vi sarete resi conto che i palinsesti televisivi, oltre che di “improbabili famosi tenuti in cattività nelle isole caraibiche o impegnati in viaggi al limite della sopravvivenza in Asia”, ormai sono pieni dei nuovi “intellettuali” della nostra era, da questa nuova categoria dorata e privilegiata, stellata tanto quanto gli ufficiali dell’esercito, che tutti chiamano chef, parola francese che in qualche modo In Italia e riconducibile ai prestigiosi “capo dei cuochi”.

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Quando Arriverà Baffone con chi Starà?

(372) Carissimi

Ha da venì baffone” si diceva una volta, ma adesso anche se venisse da quale parte sarebbe?

Chi rappresenterebbe baffone e soprattutto chi si identificherebbe in baffone?

Sappiamo bene che la storia e la politica non sempre condividono i loro giudizi sulle epoche e sui fatti e io penso di avere una maggiore predilezione per la storia e la “memoria” di certo più oggettive.

In qualche anno di attento ascolto e osservazione ho anche visto cambiare regole e schieramenti nella politica, basti pensare alla vera rivoluzione degli ultimi anni, l’eliminazione delle candidature a vantaggio delle nomine.

Se un eletto risponde a chi lo nomina e non al consenso popolare, sarà e farà riferimento certamente a chi lo ha nominato o qualcun altro che lo potrà rinominare, ma non di certo al popolo e al suo consenso. Un eletto può esser creato in provetta, un candidato di contro deve avere “le ruote” come mi diceva sempre un mio caro amico “ca sinni sienti” per essere elettoralmente spinto fino al successo.

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