Chi non Capisce di Politica come me ne può Parlare

Carissimi

Oggi parliamo di politica. Mi chiederete ma perchè Epruno deve parlare di politica, cosa ne capisce? Epruno non si occupa del senso ironico della vita?

Esatto, visto che è risaputo che non capisco nulla di politica qualunque mio discorso non potrà che essere ironico e fare sorridere coloro che “ne capiscono” o come spesso dico “ca sinni sientinu“.

Io vivo tra la gente e a Palermo, poi per un caso fortuito faccio il “dipendente” e devo stare attento a non rilasciare qualche giudizio che entri in conflitto d’interessi con il mio ruolo e di fatti non mi sogno minimamente di dirvi quali siano “i wc che mi abbiano dato più soddisfazione nel riparali nella mia funzione d’ingegnere“, per me i “cessi sono tutti uguali” ed alla stessa maniera non mi ruberete mai il “segreto di sapere per chi voto”, per me gli amministratori sono tutti uguali ed eroici, qualunque sia la loro provenienza ideologica ed il loro posizionamento tra gli scranni di Palazzo delle Aquile.

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C’è chi Viaggia in Terza Classe

Carissimi
Io non guardo a ciò che c’è oggi sotto i miei occhi, poiché ciò è come la luce delle stelle, giunta a noi oggi ma chi sa da quanto tempo estintasi, io guardo ai giovani e al futuro di questa città, guardo al loro futuro costruito lontano da qui e al loro desiderio di ritornare a realizzarsi nella loro terra.
La mia generazione ha dovuto mangiare tanta polvere e pagare tutto il doppio per realizzarsi “viaggiando in terza classe”, la più scomoda ed affollata, ma fatta di gente che aveva un sogno. Lo so, oggi non esiste nei treni la “terza 

classe”, ma metaforicamente è rimasta presente nella nostra vita come segno di distinzione economica e sociale.

Come può ripartire questo Paese se giornalmente regala le sue risorse mentali e giovani energie migliori, facendole scappare dalla propria terra d’origine? Li abbiamo visti e li vediamo partire ogni giorno, li facciamo crescere, alimentiamo su di loro progetti, li accompagniamo negli studi fino a farli laureare nelle nostre università che mediamente competono con il resto delle università italiane e poi li dobbiamo abbandonare ad un loro destino spesso lontano da questa terra, la loro terra, continuando a chiederci perché.
Chi governa oggi (e c’era anche in passato) ha tutte le colpe di ciò anche se tende a trovare scuse nella contingenza 

economica internazionale, fidando sulla poca memoria. Sono state fatte “scelte coscienti” che ci hanno portato a ciò, abbiamo distrutto le regole, i turni e la competizione ed ogni tanto qualcuno ci viene a parlare di meritocrazia, ma basata su cosa? Il merito di sapersi trovare il “padrino giusto e potente”?

Sono lontani i tempi del “pezzo di carta” da prendere per poter accedere ad un posto di lavoro, sono lontane le epoche dei concorsi, tutto ciò è distrutto da tempo, loro i giovani non lo sanno, ma noi che c’eravamo lo sappiamo.
Quanti ricordano la creazione ad arte il precariato e i lavori socialmente utili, “grande strumento sociale” (utilizzato male), fatti a termine come in altri paese e concepiti per particolari periodi di necessità durante l’anno ma divenuti 

quasi subito canali preferenziali per l’assunzione nel pubblico da prima a tempo determinato fino ad ambire ad una stabilizzazione a tempo indeterminato che hanno riempito la nostra pubblica amministrazione.

In molti si chiedono: “Sapevano tutti e allo stesso modo di tali selezioni, di tali costituzioni di cooperative finalizzate o come sempre si trattò di cose per quattro amici appartenenti ad altri cerchi magici?”. Poi vennero le altre stabilizzazioni, il recupero degli ex-detenuti (principio di per sé nobile) ma quando sarebbe toccato a chi aveva investito sul proprio futuro e non aveva il “padrino giusto e potente”? Nacque da qui il principio del “cu è fissa si sta a casa”. Finiamola con questa ipocrisia.
La politica ha l’obbligo di non lasciare indietro nessuno. Gli ultimi anni sono stati una lunga caccia a privilegi, il “furbismo” ha fatto sì che la forbice sociale si dilatasse ancora di più. Non voglio guardare sempre al passato, 

perché è il futuro che mi interessa più di tutto, i capipopolo oggi sulla ribalta hanno comunque una certa età e si sono formati in epoche diverse da quelle che stiamo vivendo e non riuscendo a leggere i segni del momento, l’unica loro esigenza è quella di rimanere a galla attraverso la coniazione di slogan, attraverso sensazionalismi, attraverso continui festini, ma io “sto male” e come me tantissimi ormai, con l’aggravante che molti oltre per la loro sorte, stanno male per la sorte dei propri figli e non è sostenibile un mondo che sta in piedi a forza di barzellette, vignette e imitazioni, mentre a fronte di pochi unti dal Signore, la stragrande maggioranza della popolazione “sta male”, è demotivata, sfiduciata ed in alcuni casi affamata, senza necessariamente giungere con il gommone dall’Africa.

È arrivato il momento di dire basta a questa ingiustizia perpetrata, a questo modello che massifica tutti verso il 

basso con un groviglio di leggi e incompatibilità per le quali devi solo accontentarti del tozzo di pane che ti diamo e non lamentarti, poiché devi sentirti già privilegiato, come può partire una seria ripresa se il libero professionista è giunto ad invidiare il dipendente che a fine mese ha un tozzo di pane sicuro?

Dov’è lo stimolo alla competizione? Dov’è il vero merito soppiantato da raccomandazioni, curriculum truccati o bandi cuciti sulla persona? Siamo l’Italia, terra dell’ingegno e siamo stati trasformati in una società superata fatta a modello della Cina maoista o dell’Unione Sovietica ante caduta del muro, la nostra burocrazia è diventata peggiore di quella Kafkiana.
Non ci si può ancora affidare a “prestigiatori” e “illusionisti”, coloro che ti allontanano dalla realtà attirando la tua attenzione su poche cose facili da fare funzionare, distraendoti dai grossi problemi, quelli difficili da risolvere, che interessano la stragrande maggioranza della gente e che così resteranno irrisolti, pronti e impacchettati per il prossimo che oltre il danno la beffa, dovrà assumersene la responsabilità.

Un abbraccio, Epruno.

La Sicilia è un’Isola

Carissimi,

“La Sicilia è un’isola circondata dal mare”. Questa erudita affermazione non è mia ma fu espressa da un assessore al turismo regionale in occasione di una importante manifestazione.

Questo asserto rivoluzionario cambiò da allora il mio punto di vista e quello di tanta altra gente attonita in sala quel giorno, non sapendo che il nostro uomo politico guardava ben oltre la nostra grettezza e quella del mio vicino di sedia che quel pomeriggio a bassa voce disse: “minchia! Bella scoperta”.

E no! Troppo facile vedere l’acqua tutt’attorno e sentenziare che si tratti di mare, l’abbiamo mica assaggiata? Siamo certi che sia salata?

In più, siamo altrettanto certi che tutte le isole siano circondate dal mare? E le isole pedonali?
Eppure ci fu chi ebbe un gesto di scherno in quell’occasione, poiché è insito nel nostro modo di essere o il non proferire verbo o all’opposto, proferirlo “ppi cugghiuniari”.

Il problema siamo noi, non loro. Il politico fa il suo mestiere e da che mondo e mondo, non appena sale sopra un gradino che gli permette di guardare posizionato dall’altra parte e dall’alto la folla, è più forte di lui, diventa già diverso, pronto a fare la qualunque, propinando ogni tipo spettacolo per avere gli applausi e prendere per i fondelli il prossimo.

La Sicilia in più è strana e unica, qui si aspetta a parole il cambiamento con la stessa attesa che hanno i giudei per il messia e intanto sono passati migliaia di anni, qui parliamo tutti di cambiamento perché sappiamo che non avverrà mai e come nero con nero non tinge abbiamo ospitato e ospiteremo ogni popolo o addirittura ogni scappato di casa costituito in gruppo senza preoccuparci e senza lasciarci coinvolgere più di tanto poiché come già detto in passato, prima o poi si sono stancati e sono andati via o si sono mimetizzati tra di noi diventando come noi.

In Sicilia i ratti vista la loro dimensione si travestono da gatti e fingono la caccia ai topi per non dimenticare e stare tranquilli e rispettati.

In Sicilia tutto ciò che si vede nasconde sempre tutt’altra cosa, un’altra visione oltre a tutto quello che non si vede, perché non si vuole vedere e pertanto non esiste. Non può esistere ciò che non si vede.

Aspettando cambiamenti da fuori ne traiamo alibi per continuare a far nulla, ma come dicevamo, da noi i politici hanno una marcia in più vedono oltre, hanno creatività e spesso sanno trasformare il nulla in un prodotto che ti vendono caramente e questo prodotto si chiama “tempo”.

Ottenuto in qualche modo il consenso, si chiudono all’interno dei palazzi e fanno passare il tempo, perché è vero che il tempo è denaro (certamente per loro, alla fine del mese), ma per noi è “vecchiaia”, è abbandono, è grigiore, spesso è anche morte poiché non tutti vedremo la “terra promessa”.

Siamo cresciuti nell’attesa di cambiare e ci è stato fatto notare di esser stati ingrati, di essere nemici della contentezza, poiché il cambiamento effettivo era sotto i nostri occhi, ma purtroppo il problema non era il cambiamento, ma il tempo che ci era voluto affinché questo cambiamento che avevamo davanti gli occhi avvenisse, poiché le trasformazioni che oggi stiamo vedendo, appartengono ai sogni e alle promesse fatte a chi era giovane settanta anni fa, se è vero come è vero che sotto l’asfalto di piazza Marina o Piazza Deodoro Siculo affiorano ogni tanto rotaie di tram. È ingiusto venderci i sogni dei nostri nonni.

Ecco perché oggi c’è chi da anziano si vanta del successo che ha sui giovani e non sui loro genitori, mente sapendo di mentire, perché i giovani se li porti a Disneyland si divertono e te ne sono grati per il periodo dedicato a pensare a giocare, i genitori di contro che questi anziani li hanno già conosciuti bene, avendo smesso da tempo di essere giovani e di giocare dovendosi cercare lavoro per crescere le loro famiglie e i loro figli, hanno dovuto constatare da tempo come funzionava.

La storia è piena zeppa di santoni indiani e delle loro sette e meno propensa ai santoni siciliani, benché di messia a giudicare di personaggi famosi che hanno ricoperto le più importanti cariche dello stato a Roma ce ne siano state in quantità, ma per noi sono rimasti dei “profeti” tante che continuiamo a vivere alla ricerca della terra promessa.
Adesso chiudo perché non voglio perdermi il cambiamento che verrà visto il cicalio dovuto ai messaggi su WhatsApp inviati in continuazione dal mio editore e riportante notizie di proclami relativi ad una frenetica attività “politica” in questa terra.
Un abbraccio Epruno.