Carissimi

Io avevo uno Zio, in realtà fratello di mio nonno, ma lo chiamavo Zio, sordo come una campana.

Zio Mariano, questo era il suo nome, lo ricordo ancora per la sua figura autorevole, la sua coppola, la sua giacca e pantaloni di velluto, qualunque fosse stata la stagione, seduto nella sua sedia con il suo bastone a portata di mano.

I miei ricordi sono molto lontani ma ben scolpiti nella mente di un bambino che all’epoca aveva dieci anni o poco più.

Lui era di poche parole e ogni sua frase era una sentenza e con me spesso interrompeva il suo silenzio e proferendo frasi per darmi consigli, forse perché mi vedeva lì piccolo e indifeso.

Ogni qual volta chiedevo notizie alla zia, come stesse Zio Mariano, lei mi rispondeva: “stabile.”

Credetemi in quegli anni nei quali nelle scuole pubbliche si veniva messi insieme, ricchi, poveri senza distinzione di ceto sociale, ancor prima che ci si differenziasse crescendo, magari con l’iscrizione in licei privati o pubblici che avessero evidente le nostre origini e il nostro futuro già predestinato, più di una volta trovandomi a disaggio nei racconti tra bambini che ostentavano, ricchezze, nobiltà o parentele famose, io con convinzione ostentavo l’avere mio Zio Mariano al quale in vita, a Palermo, gli fosse stata dedicata una strada importante nel centro, Via Mariano Stabile.

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