Giotto e i Messicani

Non c’è cosa peggiore di chi in difficoltà e non si vuole fare aiutare, specialmente se ormai non ha alcuna speranza di salvarsi.

Quante volte avete offerto la vostra disponibilità consoni del fatto che sareste potuti essere di aiuto per qualcosa che sapevate fare bene e di cui ce n’era necessità?

Penso che ognuno di noi ha una sua storia, una sua competenza specifica, eppure al difuori della mercificazione del nostro lavoro, quando questo è oggetto di interesse pubblico, o meglio quando questo va fatto per la collettività, sono in pochi a trovare la modestia e la disponibilità di mettersi a disposizione anche se il più delle volte ciò non comporta alcun guadagno.

Bene anche questo tipo di disponibilità o aiuto viene spesso scambiato per ambizione e ci può stare se non fosse che una seria ambizione ha la sua età. Non si può essere per sempre ambiziosi poiché c’è una fase della vita in cui si studia, una fase della vita in cui si fa gavetta mettendo in pratica le nozioni, emulando la gente più preparata con la quale si entra in contatto, c’è la fase di realizzazione e di raccolta dei frutti e poi c’è la maturata saggezza, nella quale non abbiamo nulla da dimostrare se non metterci a disposizione, se non fosse che la politica non permette ciò senza che questa disponibilità anche quando si diventa premi Nobel, non sia etichettata e schierata.

Avete visto uomini soli e liberi giungere ai vertici di qualcosa in questa amata realtà.

Pertanto anche se rispondete ad un annuncio di tipo Kennediano e vi chiedete “cosa potete fare per il vostro paese” inevitabilmente vi verrà chiesto: “A cu appartieni?”

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Scusi è suo il Cane?

Carissimi,
ogni mattina nel mio “percorso di guerra” che mi porta al lavoro, penso a quel padre di famiglia di Bagdad al quale ogni notte gli Americani “portavano la democrazia” il quale affermava: “Ma scusate, vi avevo chiesto qualcosa?”
Penso a un padre di famiglia abitante della via Crispi il quale certamente sarà insignito della medaglia d’oro al valor civile per aver sacrificato i suoi polmoni e il suo udito per il bene di “un’intera città” e penso di contro a Moustafà con i suoi baffoni che da solo seduto beato su una delle panche nella grande isola pedonale del centro può godersi la vendita globalizzata delle sue mercanzie.
Il padre di famiglia di via Crispi continuerà a chiedersi se il “sole 24h” nelle sue statistiche per stilare la classifica sulla qualità della vita abbia parlato anche con Moustafà del centro storico.

Questo “santo cristiano” al quale nessuno aveva chiesto nulla non si lamenta degli scavi per i cantieri, poiché sa che in qualche modo e in qualche data alla fine termineranno, non si lamenta della circostanza che un anello ferroviario sotterraneo gli permetterà di prendere il treno accanto all’ingresso del porto, se mai arriverà a godersi l’inaugurazione, non si lamenta della confusione di “lape, carrozze e City Sightseeing” per l’arrivo giornaliero delle grandi navi da crociera, ma continua a chiedersi: “perché?”

Immaginate adesso un grande politico stratega che decide di dedicarsi alla viabilità della città e forte della sua laurea in ingegneria e in architettura, esperto di urbanistica e di economia, con la sua matita rosso-blu, traccia un cerchio nella cartografia cittadina (non è un vero e proprio cerchio, poiché per conoscere il cerchio bisogna ricordarsi di chi fu Giotto e noi sostituimmo Giotto con John Lennon, a meno che il termine cerchio non venga utilizzato solamente per indicare quel “perimetro magico”).
Costui, guardata questa zona perimetrata da mura invisibili afferma compiaciuto: “Questa sarà un’isola pedonale. Questa sarà un’isola felice. Qui la qualità dell’aria sarà fantastica, non vi saranno polveri sottili nell’area (sempre che il vento ci assista), qui transiteranno soltanto biciclette e fuori da tutto ciò scriveremo ic sunt leones”.

Mi pare fantastico se a differenza di Moustafà e il suo kebab o di chi acquista una casa lungo quegli assi e potrà farsi la passeggiata serale come si fa nel corso principale del paese, fuori da quelle mura ideali, il “leones” sono io e centinaia di migliaia di palermitani i quali in buona parte non hanno interesse a mettere piede al centro storico ma ne rimangono comunque condizionati nella loro giornata da scelte non coordinate che non tengono conto del disagio contingente mirando soltanto ad una visione futuribile che in pochi hanno chiara.

Personalmente prendo le distanze da alcune posizioni politiche sull’argomento poiché non sarò mai contrario ad un ammodernamento e pertanto alla realizzazione delle grandi infrastrutture cittadine, ma in questa programmazione dell’oggi e della quotidianità vedo l’assenza di un sistema città e dire che le autorità cittadine, accademiche, culturali impegnano il loro tempo nell’organizzazione di convegni per discutere se “9 x 9 fa ancora 81”. Basterebbe consultarsi in fase preliminare e non a fatto compiuto, basterebbe parlarsi, ascoltarsi e poi operare con ordinanze.

In conclusione avete dubbi sul fatto che se un grosso centro storico rimane chiuso, chi esercita ancora la libertà e il diritto di utilizzare la propria auto o moto (in attesa che una visione futuribile di questa città contenga mezzi pubblici all’altezza delle esigenze) tutto il traffico, oltre a quello ordinario, dovrà riversarsi nel perimetro circostante? Chi si è mai posto il pensiero di controllare l’inquinamento dell’aria e acustico in questi assi (certamente triplicato) e come può questo non riversarsi nella limitrofa area pedonale? Chi si è mai posto il pensiero che lavori che rendono parzialmente fruibili o inutilizzabili gli assi alternativi non sono facilmente compatibili con la contemporanea chiusura di giorno dell’isola pedonale? Perché i cortei e concentramenti degli stessi non sono autorizzati solo all’interno del perimetro pedonalizzato? Perché negli assi resi fruibili continuano ad esserci le doppie e triple file? Non c’è bisogno di una laurea in ingegneria!
Quanto sopra sa di dispetto per il cittadino e non fa che allontanare il concetto di cosa pubblica dall’uomo comune che sa bene che le infrastrutture e le chiusure al traffico si fanno in ogni città, ma la qualità della vita è determinata dall’intelligenza di chi nel frattempo prende misure straordinarie e alternative che arrechino il minor disagio alla popolazione. Nell’attesa che anche questa città diventerà bellissima nel frattempo, riempirò i miei polmoni in via Crispi sulla motocicletta e forse uno di questi sabati, “la sera”, andrò da Moustafà ad assaggiare il suo kebab.

Un Abbraccio Epruno