“La Capanna dello Zio Covid”

Carissimi,

Immaginate per un attimo di esservi assopiti su una bella poltrona reclinabile, nell’istante di quel breve ed iniziale sonno profondo, sintomo di estraneazione dal mondo che ci circonda, momento di massima serenità.

Immaginate a quel punto di ricevere una solenne “boffa” (schiaffo) a palmo aperto in faccia, di quelle che vi lasciano il così detto “sesto di i cincu irita” (la forma delle cinque dita) e di sobbalzare tutto d’un tratto e chiedersi: “ma che è successo, chi è stato?

Ecco, non saprei descrivere in modo migliore l’ingresso nella nostra vita del Covid-19.

Ciò che da li ad ora è avvenuto, ormai è storia, siamo rimasti agli arresti domiciliari nelle nostre case per qualche mese.

Qualcuno ha scoperto di avere una casa, altri di avere una famiglia, altri di avere un vicino di casa, altri di avere nell’animo l’organizzazione di flash mob (i primi giorni) e di cantare nei balconi, altri ancora di avere la vocazione degli atleti e di dover giornalmente fare attività sportiva all’aperto, altri hanno rimpianto di non avere un cane da portare a fare i bisogni all’aperto.

Abbiamo scoperto lo smart-working, il lavoro a distanza e in questa occasione c’è stato anche chi virtualmente, ha scoperto il lavoro. Ci sono stati vertici che hanno scoperto la responsabilità verso i propri dipendenti.

Ammettiamolo, ci siamo scoperti un “popolo” irrequieto, ma sufficientemente disciplinato attraverso la “paura”.

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“Scusa Cuscì mi l’ha fari pigghiari un cafè?”

Carissimi,

L’abbiamo vissuto insieme in questo blog e oggi possiamo dire che siamo arrivati in qualche modo in “fase 3”. Non mi fermo a spiegare il significato che ciò possa avere per tutti noi, ma appare evidente che quel sogno di poter uscire fuori da un tunnel approfittando dell’anomalia e impostare un cambiamento, non è stato automatico. Non è bastata la paura, non è bastato il rischio che questa pandemia possa manifestarsi ancora con un ritorno di intensità devastante, purtroppo è stato necessario ristabilire i simboli di questa nostra società, mettendo subito in scena con effetti tristi, ciò che dietro le quinte è legato da forti interessi economici e da penalità paventate da pagare, ad iniziare da un “calcio a porte chiuse” che è la negazione più forte di quello che per anni è stato un evento condiviso fisicamente. L’aver surrogato negli anni con la visione di un calcio da poltrona del salotto mediante la tv, uno stadio pieno, ha ucciso progressivamente il calcio che oggi si basa su certezze, i contributi televisivi e la Juve che vince lo scudetto, un po’ come il wrestling, sappiamo tutti che è una recita, ma ci divertiamo lo stesso. Ci siamo inventati, pur di ripartire presto, un calendario forzato di partite estive e un calcio a porte chiuse, come le partite che tutti noi abbiamo giocato nell’adolescenza, nei campi a pagamento. Certo un elemento di novità sarebbe stato quello di dividersi (come facevamo noi), tra i giocatori, il costo dell’affitto del campo, con annesso stacco della luce allo scoccare dell’ora e trenta, oppure per renderlo più interessante e combattuto, chiedere ai giocatori di accettare la regola di “chi delle due squadre perde, paga il campo”.

Invece no, chi lo accetta, si mette davanti alla tv a vedere “scapoli e ammogliati d’oro”, giocare nel silenzio di spalti vuoti artatamente mai inquadrati. È questo il compromesso?

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