Adesso, Leggendo Epruno 7

 

Domenica 28 Ottobre 2018 ore 18.00 al Real Teatro Santa Cecilia Palermo

Siamo al 7° episodio di “Leggendo Epruno” dedicato in questa occasione a “Crongoli”, un paesino di montagna povero posto a 1.100 m. sul livello del mare e fatto di gente semplice, circa 170 anime, tra uomini ed animali, dove si applica la “democrazia diretta” e non c’è bisogno di un organo di governo, di un referendum, ma basta il bar di Franco dove si passa il tempo a discutere di grandi temi che affliggono il piccolo centro con molta praticità e soprattutto risolutezza, essendo sempre pronti a litigare ogni qual volta il sindaco, l’unico istruito, al suo ritorno dai viaggi a Palermo, usi un termine a loro sconosciuto e per questo reputato offensivo.

Attraverso Crongoli e le umane vicende dei suoi abitanti, gente semplice, l’autore osserva e ironizza i comportamenti umani, e scherza sulla politica dei giorni d’oggi con misura e mai irriverenza, concedendosi spazi di ironica presa d’atto di come si sia perso con il tempo il piacere della semplicità.

Gli stralci utilizzati nella “narrazione” presi da un libro mai completato, ma pubblicati nel tempo sui social, hanno sempre trovato il successo tra chi conserva un senso di malinconia per il tempo che fu e chi cerca un’oasi di rifugio tra gente semplice per una vita semplice.

Il format originale ormai consolidato si snoda attraverso 12 “quadri di narrazione”, con sottofondo musicale e immagini, ognuno accompagnato da brani buona parte inediti e scritti per l’occasione da Epruno, divenuti dei “pensieri” (già mai delle verità assolute).

Come nei precedenti incontri di “Leggendo Epruno” accoglieremo il consiglio di Erasmo da Rotterdam (nominato eprunista ante litteram ad honorem) divenuto il motto Eprunico “chi sembra saggio fra voi, diventi folle per essere saggio” e misureremo la nostra “pazzia”.

Ci concederemo le consuete stravaganze ironiche insieme a momenti seri, con la certezza dataci da Erasmo che “trattare argomenti leggeri in modo da creare l’impressione che si è fatto tutto fuorché parlare a vanvera è invece l’apice della finezza briosa.

Leggendo Epruno è una occasione d’incontro degli amici ed estimatori dell’autore, rappresenta un periodico momento d’incontro per la community mediatica e basa la sua unicità di genere nella volontaria partecipazione dilettantistica dei lettori.

Come ogni anno Mario Caminita sarà la voce narrante e quest’anno avremo il gradito ritorno alla lettura di una brava attrice e amica eprunista Stefania Blandeburgo (non sarà l’unica sorpresa della serata). Completeranno la squadra Carmelo Castronovo, Fabio Cocchiara, Gaetano Perricone, Manfredi Agnello, Mario Caminita, Tony Paladino, Libero Tormento, Maurizio Salustri, Nadia Spallitta, Renzo Botindari (Epruno – autore dei testi), Silvia Testa, Tiziana Caccamo, Tommaso Gioietta, Totò Cianciolo. Impreziosirà il tutto le vignette di Franco Donarelli, la regia audio e luci di Roberto Fontana (AVL Produzioni) e dei tanti amici a partire da Maria Luciardello che in sala ci daranno un prezioso aiuto.

Che è Successo?

Carissimi, a bocce ferme diventa un po’ più facile parlare di cosa è successo nelle ultime settimane e probabilmente di cosa accadrà nelle prossime settimane, poiché un editorialista che si occupa di satira e non ambisce a fare discorsi seri quali quelli sul calcio o sulla politica, ha il dovere di non parteggiare per nessuno ma limitarsi a descrivere ciò che vede lasciando agli altri gli spunti di riflessione.
Innanzi tutto, che cosa è successo? Nulla, assolutamente nulla, completamente nulla. Scusatemi a onore del vero, ora che ci penso, una cosa è accaduta e non di poco conto, il mio profilo di facebook, di messenger e la mia casella postale si sono svuotate di messaggi elettorali, eccezion fatta per qualche rarità che ha la buona creanza di ringraziare.
Ma dicevamo, cosa è successo? Nulla, a dire il vero nulla. Qualcuno potrebbe dirmi: “Ne sei sicuro? Ti sei dimenticato di avere un nuovo sindaco”. Non è che me ne sia dimenticato, come potrei farlo, direi piuttosto che mi sono affezionato al mio sindaco come si fa con una persona di famiglia, o meglio che convive con la tua famiglia da circa trenta anni e tu lo chiami “zio”. Io che non sono suo “nipote” sono contento (almeno per lui), figuratevi quanto sono contenti i suoi “nipoti stretti”. Il mio rapporto con la figura del sindaco e la stessa che i cittadini di Crongoli ormai hanno con il loro sindaco, il quale non può dimettersi per statuto e così la sua presenza è data come un fatto assodato, ma come sapete, quella è gente semplice.
Domani quando uscirò per la prima volta dopo una lunga degenza andrò da un buon ottico perché sento la necessità di cambiare occhiali e dovrò essere quanto più attento alla graduazione poiché con grande modestia ammetto che ciò che mi si è propinato essere bello e perfetto, io a occhio nudo non sono arrivato a percepirlo, ma se la maggioranza afferma ciò, non può che aver ragione. Nessuno mi paga per fare il bastian contrario per partito preso, anzi l’invito è di rimanere “sereno” e quando in Italia da qualche tempo t’invitano a “stare sereno” si prova sempre un certo disaggio.
Un tempo ero preoccupato per i miei giovani che andavano via, oggi sentendo uno spot elettorale di uno dei candidati al ballottaggio a sindaco per la città di Genova ho sentito una dichiarazione contro tendenza: “I nostri giovani che vanno via, speriamo si specializzino fuori per tornare qui con la loro esperienza a cambiare la città.” Fantastico, me li sono immaginati i nostri ragazzi che s’inseriscono nelle università o nella realtà produttive americane o londinesi, o del nord dell’Europa, decidere a un certo punto di tornare per migliorare la nostra città e magari tornare per togliere il posto al figlio di un barone che in questi anni ha fatto di tutto per costruire un sistema che ti mettesse la valigia in mano.
Ma poi scusatemi perché preoccuparsi dei giovani che vanno via, un certo ricambio adesso c’è. Chi controlla i viaggi con i gommoni l’ha capito. Mentre all’inizio giungevano soltanto poveri disperati anziani, malati, donne e bambini, adesso giungono giovani “picciottoni” belli fisicamente pronti per rimpinguare i vivai delle squadre di calcio e quelli che non sanno toccare un pallone?
Niente paura, per loro c’è un’altra organizzazione più importante che non si può dire perché affermano che non esista più, lei sa come e dove piazzarli e nella peggiore delle ipotesi, un i-phone e un cappellino per la questua organizzata non si negano a nessuno.
Quindi, dicevate che è successo? E cosa deve succedere. Dal terrazzino difronte, pregno dell’odore di gelsomino con il suo bicchierino di rosolio in mano Don Fabrizio si solleva il cappello a mò di saluto e mi sorride. Lui è tranquillo, perché allora devo perderla io la tranquillità? Un abbraccio Epruno.

La Neve d’Estate

neve (102)Un giorno a Crongoli nevicò d’estate, così mi raccontano e così vi racconto. Nessuno da fuori pensò che ciò potesse accadere poichè era impensabile che d’estate e a quelle latitudini si potesse verificare un fenomeno meteorologico di quel tipo.

Eppure, gli anziani, qualche superstite di allora, dice di avere visto ciò con i propri occhi, come dubitare quindi. Io ci credo perchè non credo alla possibilità meteorologica dell’evento, ma credo nella credibilità di chi mi ha raccontato ciò. Credo nella storia che ognuno di noi ha e pertanto prima di farmi una idea su una persona, prima di giudicare l’operato di una persona, voglio conoscere la su storia.

Paradossalmente la nostra storia personale ci porta a compiere sempre gli stessi errori poichè ci induce sovente negli stessi comportamenti e quindi la nostra credibilità è conseguenza, non di ciò che siamo, ma di ciò che siamo stati.

Quindi per me ha nevicato a Crongoli d’estate perchè chi me lo ha detto è una persona seria, di parola, non dice mai bugie, non parla mai male con me di altri. Quando la ragione avrà esaurito tutte le sue motivazioni, mi rimarrà la fede in ciò che ho sentito e non ho visto perchè chi mi ha raccontato ciò era un uomo giusto e quindi per me è verità.

Oh Dio, non è che a Crongoli nevichi molto, ma il paese è fatto di gente semplice che non vede la TV, perchè non la possiede e non si fa film nella propria testa e quando la sera stanchi di lavorare nei campi o dietro le bestie e nei pascoli, si concedono un momento di riposo davanti a un buon bicchiere di vino al bar di Franco, i loro occhi si illuminano nel racconto di storie vissute o sentite a loro volta raccontare e nei loro racconti c’è tanta verità e saggezza perchè nulla di quanto dicono è detto per ingannarti o per averne un profitto.

Ecco che quando ho bisogno di serenità e di saggezza, salgo al bar di Franco, a Crongoli, a sentire storie assurde, ma vere, perchè quanto sento giornalmente qui al livello del mare è detto spesso da gente che mi si dichiara amica, ma non mi convince, perchè conosco la loro storia, perchè hanno parlato con me male di altri e certamente con altri parleranno male di me e perchè nei loro occhi non vedo la luce, ma il velo dell’ambizione spinta a tutti i costi, anche al punto di raccontarmi per loro fini egoistici che a Palermo, una voltà, nevicò d’estate.

Un Abbraccio

 

“Aristos”

12 Panchina belvedereQuesta volta, la mia panchina, posta davanti al belvedere su quelle serene vallate madonite a Crongoli, era parzialmente occupata, dal mio amico, il Popè di Myconos, Aristos Napazza, intento a meditare e pregare con il suo lungo rosario di legno, il quale appena vistomi fece cenno di sedermi accanto a lui. Il belvedere e l’unica cosa di pregio presente nella povera Crongoli, un patrimonio naturale e meta di arrivo di tutte le passeggiate, dette in dialetto “passiate”, una sorta di struscio interminabile intercalato da discorsi persi, per paesani e i forestieri nelle giornate di bel tempo.

Un croce in alto, ricorda il punto dal quale i paesani, si dice, gettarono nello strapiombo il Senatore Burbazza il giorno in cui sopraelevò abusivamente la sua casa in paese, occultando per sempre l’irraggiamento diretto della piazza, vista l’altezza delle montagne che circondano il paesino e che da allora, per strane concomitanze geografico-astrologiche, fece sì che la piazza restasse in ombra per tutto l’anno, tranne il 29 di Febbraio.

Che volete, è gente semplice anche, se ufficialmente si parlò di suicidio, benché da allora nessuno si azzarda più a pensare opere abusive.

Mi sedetti accanto al Pope che per me rappresentava una figura di riferimento culturale, con il quale poter parlare di tutto. Conobbi Aristos cinque anni fa qui a Crongoli in Ottobre, in occasione dei tradizionali “lavori dell’Ubalda“, una sorta di “fiera delle vacche” mista a proiezioni cinematografiche e dibattiti su temi di grande interesse ……. mi sedetti e passarono circa dieci minuti di meraviglioso silenzio prima che io mi voltassi verso il Pope chiedendo: “Aristos, ormai ci conosciamo da un po’ di tempo, eppure non ti ho mai chiesto che cazzo ci fa un Popè in un paese spopolato con una sola chiesetta e per di più cattolica?

Lui sorrise con quella lunga barba bianca ingiallita in parte a causa delle tante sigarette e mi rispose: “Lunga storia. Italiani, Greci una faccia, una razza!

E io “Aristos, per favore ……. Ora ti metti a utilizzare i luoghi comuni con me?

E qui iniziò a raccontare la storia di un giovane pieno di speranze che non si piegò alla repressione dei colonnelli in Grecia e scappo a Palermo dove venne a studiare all’università come tanti giovani connazionali. Dai suoi racconti, Palermo era una città magica e piena di vita, di tante pulsioni intellettuali e di tante iniziative culturali, era la città che diede i natali a tanti intellettuali, giornalisti, artisti che trovarono poi fortuna altrove. Palermo era la città dei grandi eventi, era la città che si immaginò Woodstock organizzando Palermo POP70 e 71, vedendo tutti i grandi artisti che avrebbero fatto la storia della musica, lì in quella stessa Palermo del sacco che mischiava i cementi dei basamenti fondali con sventurate vittime di nascoste guerre di mafia. Palermo era anche la città dove si spariva e fu così che minacciato di morte dagli emissari del suo paese, Aristos Krjstojanis scomparve rifuggiandosi in un paese Abresh dove si inventò sacerdote e visto i suoi modi effeminati oggetto di continuo sfottò, sposò il suo soprannome “una pazza”, come nuova identità “Napazza” e si era divenuto dal nulla, Aristos Napazza.

Ma si racconta, che fu la sua natura , a metterlo nei guai, venendo fuori, quando Aristos fu sorpreso in un “atto d’amore” con un giovane che come lui condivideva gli stessi orientamenti sessuali. Ciò gli costò la cacciata dalla comunità. Caduto nel frattempo il regime in Grecia, potè tornare in patria, dove prese questa volta realmente i voti, ma crescendo e da anziano sacerdote, senti sempre il richiamo della Sicilia e di un luogo dove fuggire periodicamente, per trovare un po’ di pace interiore.

Fu così che giunta l’età della pensione anche per lui, scoprì Crongoli, un po’ come accadde a tutti noi non congolesi perdendosi un giorno in una strada inerpicata tra le montagne delle Madonie, attraversando un inusuale banco di nebbia. Il fascino di questo posto povero in mezzo a gente semplice e ospitale fece, si che Aristos lo scegliesse per vedere i rimanenti tramonti della sua vita.

La sua storia mi fece riflettere, probabilmente un misto di verità e cazzate, come quelle di tutti i “santoni” ma sta di fatto che costui, invece di fuggire in Atlantide, come molti, era rimasto come tutti noi qui a vedersela fino alla fine. Si, noi che avremmo potuto essere Peter Pan ancora per un altro po’, invece di fuggire siamo rimasti qui, non so per quale vigliaccheria o per quale amore.

Teniamo ancora una valigia piena di ricordi, conservata e nascosta bene sotto il letto, e come qualcuno disse “ci compiaciamo forse di esser stati degli eroie certamente per qualcuno lo siamo stati, ma quasi sempre fummo e siamo rimasti dei Gattopardi e ce ne rendiamo conto ogni qualvolta aperta quella valigia, troviamo dentro le foto, o quando, nel desiderio di vivere una “città soltanto normale”, ci lasciamo buggerare da realtà virtuali, fatte di città capitali che non esistono o meglio non esistono più, e chi sa,…… ma non sta più a me dirlo …….. se mai esisteranno ………..

Rimasi con gli occhi gonfi di lacrime di commozione a sentire questa bella storia, quando mi accorsi che nel raccontare Aristos, aveva poggiato la sua mano sinistra, sulla mia gamba destra, fu allora che voltatomi verso di lui, atteso qualche secondo,  dissi spontaneamente e forse in modo irriverente “Aristos ….. eh ….. i manu du caliaturi!

” E lui fattasi una crassa risata disse: “Vedi Epruno, i preconcetti? Tu sei come tutti. Sempre ammesso che io sia, come dite voi “frocio” e quindi mi dovessi sentire dentro, donna, ……. per voi omofobi è prassi che il diverso vada con tutti e non abbia i propri gusti, come li ha un uomo, o una donna? “tranquillo, sono passati quei tempi e quelle giovani pulsioni. Oggi sono un vecchio uomo e se poi la vogliamo dire tutta, non saresti stato il mio tipo! Nzepete!