Scherza coi Fanti e Lascia Stare…

Carissimi

Sono tanti i casi in cui per qualificare un’azienda o un prodotto, addirittura un evento, si ricorre alla celebrazione di anniversari veri o falsi, a volte inconsistenti, vantandone una anzianità.

A partire dai matrimoni ricordavamo che le date che potevano avere un significato erano le ricorrenze legate al venticinquesimo o al cinquantesimo anniversario, poi magari nel tempo si sono anche costruiti motivi di festeggiamenti, più che altro per motivi commerciali, legati a step intermedi, inventando anniversari legati a materiali o a metalli meno pregiati dell’oro e dell’argento.

Così oggi se si vuole presentare sul mercato un negozio o un’azienda e vantarne la sua affidabilità, si fa riferimento ad una data che magari rappresenta l’inizio dell’attività e che diventa ancora più importante se scelta nel secolo precedente, capirete che ciò poteva essere suggestivo quando vivevamo gli ultimi anni del 1900 ma non oggi che siamo nei primi anni del secolo XXI.

Il ricordare che un’attività commerciale esistesse fin dagli anni ’60 del secolo scorso, può solamente ispirare simpatia, ma poco ci direbbe sua affidabilità, poiché per tutto quel lungo periodo non è detto che l’attività abbia avuto solamente momenti eccelsi, molto spesso le aziende vivono varie vicissitudini che le portano a mantenere soltanto il nome mentre si sono subiti cambi di proprietà, sfiorati fallimenti, trasformate le produzioni snaturandone le filosofie iniziali.

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Non mi Posso Dispiacere

Carissimi,
sarà mai io ho un’altra idea di quello che voi tutti chiamate “pallone” e perché dopo la cocente e attesa eliminazione con i “mobilieri d’assemblaggio e catenacciari” svedesi, dai mondiali di Russia, tutti oggi parlano di pallone per dire “schifiu”.
Schifiu lo dico io, ma non per l’eliminazione venuta da uno spareggio tra due seconde che può anche starci, ma dico schifiu per quello che sotto i nostri occhi è diventato questo calcio pieno di personaggi in cerca d’autore.
Lo posso dire perché da piccolo, giocavo per le strade non ancora pedonali, inframezzando le azioni con l’interruzione per il passaggio delle auto.
Lo posso dire perché io ho conosciuto un altro calcio, perché posso parlare di un bambino che andava il sabato pomeriggio, davanti al cinema Golden ad aspettare l’arrivo del Palermo che veniva al secondo spettacolo per vedere il film. Oggi come ce la porti “una babele di squadra” a vedere un film?
Come me tanti altri che da lillipuziani eravamo lì davanti, con il nostro pallone Super Santos sotto il braccio e una penna, pronti a raccogliere gli autografi di questi per noi giganti che altro non erano che giovani ventenni dentro le loro divise sociali, con le cravatte tutte uguali e il bavero del cappotto alzato per darsi un tono.
Bastava che un calciatore passasse tra di noi schiacciandoci l’occhio a mo’ di saluto che non avremmo dormito quella notte e l’indomani ci saremmo vantati con i compagni di classe di aver conosciuto Favalli e noi eravamo piccoli e loro erano pure piccoli, una squadra di serie B, ma ci bastava, perché attraverso loro sognavamo.
Rivedo quei quattro squattrinati di una volta, se paragonati ai milionari di oggi, giocatori di proprietà delle società e guardo questi “simil personaggi” con i loro manager e procuratori, tutti tatuati con la cresta sulla testa, o con tagli di capelli così orribili da far vomitare lo stesso Kocis mitico barbiere della leva militare.
Guardo quei ragazzoni semplici di una volta, anti divi, stampati sulle figurine panini, con espressioni più simili alle foto segnaletiche della questura, con facce tali da terrorizzare qualunque avversario e penso: “Dove sono finite certe figurine che eri disponibile a giocarti subito allo “ppa” nelle speranza di perderle, con certe facce che ti avrebbero in questo caso tolto il sogno di notte?”
Altro che fighetti viziatacci e piagnoni dopo le batoste.
Dove sono oggi i Mascalaito con quei baffoni truci, i Festa, i Beatrice, i tignusi Udovicich e Lodetti, i Polentes, i Panzanato, i Del Neri (allora ancora più brutto di oggi) ragazzoni che sembravano “patri di famigghia” per la loro serietà e autorevolezza ad appena vent’anni?
Che ne è stato di quel calcio con le magliettine senza scritte, dove scoprivi che quella era la magliettina del Foggia perché aveva le strisce più larghe di quelle del Milan che ne è stato di quel calcio dove “l’attaccamento alla maglia”, come direbbe Ibrahimović, era fondamentale? Che ne è stato di quel calcio dove il capitano diventava una bandiera e giocava per tutta la sua carriera nella stessa società?
Oggi il calcio è “spettacolo televisivo” e i Martellini o il sacro Nicolo Carosio hanno lasciato il posto a commentatori ex giocatori con la terza elementare, oggi il calcio spezzatino televisivo è diventata una ribalta su ciò che è la nostra società con tutti i suoi difetti.
Come spiegare Rivera, Sollier o Meroni e il loro modo (oggi diremmo garbato) di contestare il sistema a chi con una bravata ignorante, i suoi baffetti alla Hitler, la sua l’effige della repubblica di Salò sotto la maglia, esulta facendo il saluto romano rievocando a Marzabotto dolori, memorie e coscienze che grondano ancora di sangue?
Che cosa c’entra tutto ciò con il pallone?
Nel mio calcio dove le partite si giocavano tutte in contemporanea la domenica, ci poteva stare che si facesse melina passando la palla indietro al portiere. Poteva anche accadere che la squadra più scarsa si chiudesse per l’intera partita nella sua area di rigore facendo il peggiore dei catenacci “alla Rocco” nell’attesa del 90° (momento certo della fine dell’incontro) e poi magari su contropiede faceva goal, ma tutti avremmo gridato …… “clamoroso a San Siro”.
Un abbraccio Epruno.

Clausola Rescissoria

Carissimi,
“Che ve lo dico a fare.” Non siamo un paese serio e a giudicare dalle cronache, non siamo “un mondo serio”.
Il peccato di omissione è sempre stato un peccato considerato di “serie B” per chi crede, ma abbiamo avuto spesso la contezza di quanto danno abbia fatto il girarsi dall’altro lato al momento opportuno.
Quando leggeremo slogan sulle testate web, nelle interviste televisive, nella carta stampata verrà quasi spontaneo fare una domanda: “Si, ma tu dove eri quando succedeva tutto ciò? Che cosa hai fatto in tutto questo tempo?” A questo punto non ci accontenteremo della risposta frequente e possibile solo dalle nostre parti: “Stavo dall’altra parte.”
Se siamo in grado di identificare le “omissioni” e siamo in grado di conservare una “buona memoria” (e non quella biennale di default di cui vi ho spesso parlato), riusciremo certamente ad avere le idee più chiare e riusciremo a fare le nostre scelte con coscienza.
Prima l’umanità era ancora più cattiva, seminava odio con quel colonialismo che oggi ci presenta il conto con migrazioni bibliche o azioni terroristiche estremistiche o frutto di disperazione, ma noi dove eravamo? Non ne sapevamo nulla perché il foglietto stampato ci riportava di grandi imprese coloniali, le navi giungevano nei porti cariche di oro, di materiali preziosi, di spezie o di prodotti dalle colonie “certamente ottenuti a fronte di corrette transazioni”. E’ bello poter credere al valore attrattivo di una collanina con palline colorate.
Certo se qualcuno si fosse chiesto di cosa fossero fatti i sacchetti contenitori di tabacco, forse avrebbe smesso di fumare. Se qualcuno si fosse chiesto come e da dove giungessero tutti quegli omoni abbronzati in catene, in terre dove il colore della pelle era esclusivamente pallido, forse ….
Meglio non saperle certe cose, così pensava chi ci governava e ne traeva vantaggio, così finivamo per pensarla noi credendo a ciò che le fonti “ufficiali” ci raccontavano.
Poi giunse l’epoca di sua “maestà il petrolio” e li trovammo il modo dal continente antico e dal già promettente “nuovo mondo” cresciuto e educato con il cinismo anglosassone e non con i principi filosofici ellenici, di andare a “sistemare” quell’altra parte del mondo, fino a quel momento trascurato perché era fatto di sola sabbia.
Che cosa volevate ci fosse sotto la sabbia? Finimmo di cercare le oasi con le palme e l’acqua sotto e a furia di bucare, trovammo zampillanti fontanelle certamente non potabili ma remunerative al massimo tanto da trasformare sultani e popoli di pastori o nomadi nelle persone più ricche del mondo e sono certo che in quel caso non bastarono collanine con palline colorate, i nomadi conoscono il valore dell’oro e delle pietre preziose, l’arabo trova quasi religioso il contrattare nel fare affari.
Ecco che nei posti più aridi sono cresciute dal nulla isole rubate al mare, grattacieli modernissimi, lusso e ricchezza oltre ogni limite, uno sfarzo che supera spesso qualunque pudore.
Dopo il valore della vita umana abbiamo perso anche il valore del denaro.
Io, adesso che non è più il giornaletto o giornali di regime fare informazione e opinione, oggi che con internet so anche cosa accade nel più sperduto villaggio del mondo attraverso una connessione satellitare, come glielo racconto a Roberto e alla sua famiglia, che dovrà prendersi la valigia per spendere il suo titolo di studi perché è la globalizzazione che ha creato tutto ciò, ma che comunque qui noi nel frattempo “stiamo studiando il problema”.
Come glielo dico a Giuseppe che fa bene a restare e a scommettere qua perché c’è chi ha avuto un’idea geniale e nuova e cioè che in “questa terra si potrebbe vivere di solo turismo” e che per fortuna ci sono i “fondi comunitari”?
Come glielo dico a Francesco che non doveva ascoltare sua madre e non doveva salire a casa a studiare, ma continuare a giocare per strada a pallone affinché un domani un Abdul El Bardash emiro di chi sa cosa lo avrebbe ricompensato facendogli guadagnare in mezz’ora quanto da ingegnere avrebbe guadagnato in un mese, grazie a una bella clausola rescissoria?
Come glielo faccio capire ad Antonella che i turisti sono tornati a visitare le nostre città, non perché siamo stati bravi, (basta guardare la condizione dell’asfalto e la pulizia nelle nostre strade), ma perché il terrorismo ha minacciato le altre mete turistiche più ambite?
Credetemi, chi crea le offerte turistiche neanche sa se come borgomastro c’è Santa Madre Teresa di Calcutta o Pol Pot, sono altre le logiche certamente scevre dalla politica locale.
Basterebbe voltarsi dall’altro lato quando Roberto, Francesco, Giuseppe, Antonella etc.. ci porranno certe domande e fare anche noi un bel “peccato di omissione” da espiare con pochi “Pater Noster”, ma purtroppo non è il mio carattere poiché se “Pippino” di cui abbiamo parlato due settimane fa, aveva i “canuscienze” io purtroppo ho la “memoria”. Buona estate. Un abbraccio Epruno.

(pubblicato su www.ilsicilia.it il 4/8/2017)