Ma Noi non ci Saremo

Carissimi
Vorrei che fosse una canzone dei Nomadi, ma in città oggi più che nomadi vedo anime vaganti.
Ma chi me lo fece fare? Ero stato un grande camminatore da ex atleta. Ero stato un buon ciclista da fermo avendo fatto per qualche anno spinning. Purtroppo la testardaggine, i falsi miti, i luoghi comuni tipo quello del “posto fisso” mi portarono ad acquistare a rate una macchina.

Mi sono messo i debiti da giovane con quel poco che riuscivo a raggranellare per sopravvivere non per una mia reale esigenza, ma perché in TV venivo bombardato da spot che mi invogliavano (quasi obbligavano) a comprare un’automobile per pagare i debiti di una famiglia che possedeva la squadra di calcio che ha vinto più scudetti in Italia, la quale incentivava le rottamazioni di autoveicoli paventando lo spettro di licenziamenti di massa dei propri operai, i quali in buona parte erano emigrati al nord per lavorare negli stabilimenti dove si producevano le auto, proprio dal meridione, isole comprese.

Quindi, una volta finite le casse integrazioni, una volta finiti gli aiuti di stato, anche io dovevo fare la mia parte per contribuire alla soluzione della “questione meridionale” e fu così che comprai una Panda 750 rossa con il tettuccio apribile, me la ricordo ancora, fu un amore a prima vista, mi ricordo quando con il mio amico Carmelo andammo a prenderla dall’autosalone.

Ricordo ancora la prima notte e il timore che la rubassero, ricordo quell’estate in Agosto solo per le strade di Palermo deliziarmi nel fare il giro della città, centro storico incluso, Mondello, l’Addaura, Monte Pellegrino il tutto con il tettuccio aperto (ma quale aria condizionata), ricordo ancora i suoi sedili ribaltabili.

Ricordo anche le tre volte che me la rubarono e i tre ritrovamenti dopo mesi, fino all’ultimo nel quale trovai quasi soltanto la scocca, ma la mia tenacia fu tale che la rimisi in piedi.

Ricordo quella mattina quando il carro attrezzi la venne a prelevare sotto casa per il suo ultimo viaggio verso lo sfascio per la definitiva rottamazione perché in Europa qualcuno aveva stabilito le “classi d’inquinamento” e la mia auto era di un “Euro” tale che nei centri storici (qualunque fosse lo stato di salute di questi ultimi) non ci poteva più entrare.
Tutti i miei sacrifici per aiutare una storica famiglia piemontese che oggi ha trasferito le sue sedi in Olanda e delocalizzato buona parte della produzione finanche negli Stati Uniti, non erano serviti a nulla, la mia Panda era stata ridotta in un cubo metallico da riciclare.

Nulla poté la consolazione di una nuova utilitaria, questa volta straniera per “sfregio”, comprata sempre per quei luoghi comuni che ci imponevano di “avere comunque una macchina, non si sa mai una emergenza”. Fatto sta che da allora non ho smesso mai di andare in moto (scooterone) anche quest’ultima rubata una volta e ri-assemblata (deve esserci qualcosa da rivedere in quanto a sicurezza della proprietà in questa città).

Io cresciuto facendo sacrifici, ambito ad indossare la giacca e la cravatta sempre per quei luoghi comuni che dicevano “se vai in mezzo alle persone vestiti come i cristiani” intesi come persone sistemate, cosa potevo attendermi da un amministratore delegato che incontra i potenti indossando soltanto un maglioncino blu?
Lo dovevo capire che in questo mondo le cose non vanno così come ci insegnano da piccoli.

Comunque, sta nella natura umana darsi da fare e quindi per andare a lavorare dovendo trasportare per mestiere sempre una borsa con libri insieme a me, ho deciso di girare in motocicletta.

Fino a qualche tempo fa la moto ha avuto un lasciapassare in città, ma adesso è arrivato anche il suo momento.
Mi chiedo come mai avendo già pagato tasse nell’acquisto, tasse nel bollo di circolazione, tasse nella polizza assicurativa, il proprietario di un auto deve continuare a pagare, tasse per tenere posteggiata l’auto, tasse per accedere in strade di zone a traffico limitato, dove spesso il tappetino d’usura è un ricordo romantico e non esistono parcheggi in grado di soddisfare il numero degli utenti e anche se ce ne fossero sarebbe costretto ancora a pagare per un posteggio privato o un posteggiatore abusivo, pienamente integrato nel sistema città?

Ho visto la città diminuire sotto le ruote della mia moto. Ho visto strade chiudersi nell’attesa che diventino isole pedonali (nel vero senso della parola e non kebaberie per la sera). Ho visto sensi di marcia cambiare in continuazione dalla sera alla mattina, ho viste trincee per lavori aprirsi e richiudersi continuamente. Ho visto disegni e sogni di una città che domani sarà. Ho visto creare divieti prima di costruire le alternative sostenibili. Ho visto gente piangere e disperarsi soltanto per aver avuto l’incauta idea di lasciare il suo posto in zona blu per prendere la macchina e non esser più riusciti al ritorno a ritrovare un posto e costringersi alla vita di barboni in auto, non per mancanza di lavoro o abitazione, ma per mancanza di posteggio.

A tutti è stato detto “vedrai domani quando tutti i lavori saranno finiti avremo una città piena di servizi e infrastrutture”.

Si, ma purtroppo noi non ci saremo.

Un abbraccio Epruno.

Scusi è suo il Cane?

Carissimi,
ogni mattina nel mio “percorso di guerra” che mi porta al lavoro, penso a quel padre di famiglia di Bagdad al quale ogni notte gli Americani “portavano la democrazia” il quale affermava: “Ma scusate, vi avevo chiesto qualcosa?”
Penso a un padre di famiglia abitante della via Crispi il quale certamente sarà insignito della medaglia d’oro al valor civile per aver sacrificato i suoi polmoni e il suo udito per il bene di “un’intera città” e penso di contro a Moustafà con i suoi baffoni che da solo seduto beato su una delle panche nella grande isola pedonale del centro può godersi la vendita globalizzata delle sue mercanzie.
Il padre di famiglia di via Crispi continuerà a chiedersi se il “sole 24h” nelle sue statistiche per stilare la classifica sulla qualità della vita abbia parlato anche con Moustafà del centro storico.

Questo “santo cristiano” al quale nessuno aveva chiesto nulla non si lamenta degli scavi per i cantieri, poiché sa che in qualche modo e in qualche data alla fine termineranno, non si lamenta della circostanza che un anello ferroviario sotterraneo gli permetterà di prendere il treno accanto all’ingresso del porto, se mai arriverà a godersi l’inaugurazione, non si lamenta della confusione di “lape, carrozze e City Sightseeing” per l’arrivo giornaliero delle grandi navi da crociera, ma continua a chiedersi: “perché?”

Immaginate adesso un grande politico stratega che decide di dedicarsi alla viabilità della città e forte della sua laurea in ingegneria e in architettura, esperto di urbanistica e di economia, con la sua matita rosso-blu, traccia un cerchio nella cartografia cittadina (non è un vero e proprio cerchio, poiché per conoscere il cerchio bisogna ricordarsi di chi fu Giotto e noi sostituimmo Giotto con John Lennon, a meno che il termine cerchio non venga utilizzato solamente per indicare quel “perimetro magico”).
Costui, guardata questa zona perimetrata da mura invisibili afferma compiaciuto: “Questa sarà un’isola pedonale. Questa sarà un’isola felice. Qui la qualità dell’aria sarà fantastica, non vi saranno polveri sottili nell’area (sempre che il vento ci assista), qui transiteranno soltanto biciclette e fuori da tutto ciò scriveremo ic sunt leones”.

Mi pare fantastico se a differenza di Moustafà e il suo kebab o di chi acquista una casa lungo quegli assi e potrà farsi la passeggiata serale come si fa nel corso principale del paese, fuori da quelle mura ideali, il “leones” sono io e centinaia di migliaia di palermitani i quali in buona parte non hanno interesse a mettere piede al centro storico ma ne rimangono comunque condizionati nella loro giornata da scelte non coordinate che non tengono conto del disagio contingente mirando soltanto ad una visione futuribile che in pochi hanno chiara.

Personalmente prendo le distanze da alcune posizioni politiche sull’argomento poiché non sarò mai contrario ad un ammodernamento e pertanto alla realizzazione delle grandi infrastrutture cittadine, ma in questa programmazione dell’oggi e della quotidianità vedo l’assenza di un sistema città e dire che le autorità cittadine, accademiche, culturali impegnano il loro tempo nell’organizzazione di convegni per discutere se “9 x 9 fa ancora 81”. Basterebbe consultarsi in fase preliminare e non a fatto compiuto, basterebbe parlarsi, ascoltarsi e poi operare con ordinanze.

In conclusione avete dubbi sul fatto che se un grosso centro storico rimane chiuso, chi esercita ancora la libertà e il diritto di utilizzare la propria auto o moto (in attesa che una visione futuribile di questa città contenga mezzi pubblici all’altezza delle esigenze) tutto il traffico, oltre a quello ordinario, dovrà riversarsi nel perimetro circostante? Chi si è mai posto il pensiero di controllare l’inquinamento dell’aria e acustico in questi assi (certamente triplicato) e come può questo non riversarsi nella limitrofa area pedonale? Chi si è mai posto il pensiero che lavori che rendono parzialmente fruibili o inutilizzabili gli assi alternativi non sono facilmente compatibili con la contemporanea chiusura di giorno dell’isola pedonale? Perché i cortei e concentramenti degli stessi non sono autorizzati solo all’interno del perimetro pedonalizzato? Perché negli assi resi fruibili continuano ad esserci le doppie e triple file? Non c’è bisogno di una laurea in ingegneria!
Quanto sopra sa di dispetto per il cittadino e non fa che allontanare il concetto di cosa pubblica dall’uomo comune che sa bene che le infrastrutture e le chiusure al traffico si fanno in ogni città, ma la qualità della vita è determinata dall’intelligenza di chi nel frattempo prende misure straordinarie e alternative che arrechino il minor disagio alla popolazione. Nell’attesa che anche questa città diventerà bellissima nel frattempo, riempirò i miei polmoni in via Crispi sulla motocicletta e forse uno di questi sabati, “la sera”, andrò da Moustafà ad assaggiare il suo kebab.

Un Abbraccio Epruno