Carissimi
Perché “Nemo” profeta in patria? Per invidia, soltanto la vecchia e malsana invidia, ciò che porta la gente ad ostacolare e fare del male a chi ha qualcosa che loro vorrebbero avere e non hanno, o per volere stoppare sul nascere qualunque germoglio che potrebbe finire per essere incontrollato.
Ogni qualvolta l’uomo si costituisce in circoli, piccole comunità, congregazioni, associazioni e genera cariche elettive, fomenta ancor prima delle aspettative, le invidie.

Io ho già iniziato progressivamente a dismettere le partecipazioni nel mio tempo libero a quelle organizzazioni che si definivano “d’impegno”, perché “ho già dato” e adesso lascio lo spazio per chi venendo dopo vuole costruirsi il suo “personaggio”.
Dietro ad aspetti caratteriali ho finito per riguadagnare la naturale libertà di azione e di pensiero, scoprendo come sia più efficace per veicolare e mettere a disposizione idee ed esperienze a seguito di una lunga esperienza fatta sul campo, senza necessariamente annoiarmi nel sentire “discorsi del cazzo” da parte di chi deve attestare la propria presenza, nell’attesa che tocchi il mio turno.

Nessuno ha più da invidiarmi nulla o bastoni tra le ruote da mettermi e con le asole delle giacche libere, o alleggerito da toghe, mantelle e pettorine sono ritornato alla semplicità quasi risorgimentale delle priorità “Dio, Patria e Famiglia”.
Dio, in quanto unica autorità alla quale rendere conto per un credente (e non metto alcuna mediazione di organismi e associazioni che vantano contatti diretti con il creatore);

La Patria, quale unico modello di convivenza civile nel quale lavorare per sostenersi e contribuire alle esigenze della collettività per cui lavoro;
La Famiglia, unica culla degli affetti veri e rifugio dopo ogni procella.
Certo, non tutti hanno una età per essere “aventiniani” come ed è giusto che si mettano in competizione con loro e con gli altri, ma state certi che se dietro (oltre alle nostre qualità) non ci sia un vero padrino che ci orienti, ci segua e ci promuova nel nostro percorso, una volta vi avrei detto che sarebbe stato più difficile giungere alla meta, oggi vi dico, direttamente e con meno ipocrisia: “levateci mano!”.

In questi anni i cerchi magici si sono strutturati bene creandosi pure le regole affinché divenissero impermeabili ai tentativi esterni di “Nemo” a venire a fare il “profeta in patria”.
Ora come non simpatizzare con “Nemo” (inteso come “nessuno”) che vuole essere profeta in patria e che deve scontrarsi non soltanto con i muri, ma con i contenuti interni che lui sa bene essere al disotto del suo valore, ma come tali protetti dai confini della “sfera magica” e anche se per qualche scognita distrazione avesse trovato il modo di entrare si sarebbe dovuto scontrare con la vera arma di difesa interna di qualunque “sistema”, l’invidia.

È vero, la meritocrazia è una chimera, la “botta di culo” può capitare, la “piccineria dei continui tradimenti” è la prassi, poiché non è importante sforzarsi per essere più bravi degli altri (aimè non è una gara d’atletica) ma ci si deve concentrare per dimostrare che l’altro è peggiore di te, passando il tempo a fare da delatore e tramando.
Devi pertanto rassegnarti ad andare dove nessuno ti conosce perché nessuno ti può invidiare e vedere quale ostacolo per la sua crescita o i suoi disegni diabolici, anzi puoi raccogliere tutte le simpatie del caso.

Ma l’invidia non è un prodotto dei nostri giorni e se in questo periodo pasquale ci pensate, di essa si parla anche ai tempi di Giuda l’Iscariota il quale già privilegiato trovandosi nel “cerchio magico” per eccellenza e vedendo intorno a se tanta mediocrità, vi basti pensare che il “secondo” era un pescatore analfabeta, (anche se ci fu pure qualche eccezione allittrata e un esattore delle tasse), sto povero Giuda non riusciva a mandar giù la circostanza che il “leader” non lo degnasse di uno sguardo e in più qualunque cosa percepisse si sentiva chiamato in causa tanto da dire: “Signore ce l’hai con me”? Quest’ultimo stanco delle sue fisime giunse a tavola a dirgli: “Quello che devi fare fallo al più presto”.

Non avendo possibilità di competere con gli altri perché non cercare di far saltare il banco? Eppure Giuda che motivo aveva di competere con nostro Signore, avevano eguale discendenza divina? Assolutamente no, probabilmente Giuda guardava a Lui e pensava: “ma guarda se questo figlio di un falegname deve avere così successo ed essere ascoltato da tutti!”. Certamente avrà pensato di esser stato sfortunato e di non aver avuto le stesse opportunità.

Quanto fastidio nel vedere quel carisma nel trattare con la gente, quanto fastidio nel sentire quelle “parabole” che lo facevano sentire una persona inutile davanti a tale cospetto e allora ecco che da solo avrebbe potuto mettere in difficoltà tutto il sistema diventando protagonista: “Se ve lo faccio catturare, quanto mi date?” povero Giuda non seppe mai che attraverso di lui si compì il disegno e che preso dal tardivo rimorso, non avendo compreso che di lui avremmo parlato ancora non per il suo gesto, ma per il suo gesto fatto a chi veramente fu “profeta” in patria e oltre e che quei 30 denari per terra mentre penzolava da un albero, non avrebbero dato la felicità a nessuno.

Brutta bestia l’invidia, pessima scelta il tradimento ingiustificato anche quando vi si chiede di scegliere. Buona Pasqua.

Un abbraccio, Epruno