Carissimi

Rivedo ancora quella tavola imbandita con tanta dignità, frutto di più tavoli uniti per l’occasione, le tovaglie migliori, persino le brocche dell’acqua e del vino che venivano tirate fuori per l’occorrenza, la cena di Natale era sul tavolo e la famiglia, allargata agli zii era tutta lì.

Le donne si erano date da fare per una giornata in cucina accollandosi un lavoro enorme sostenuto dalla voglia di riunirci, di non far perdere il senso della famiglia anche se ognuno ormai era per casa propria.

Passo in mezzo a loro, seduti come ologrammi in una realtà virtuale frizzata e mi chiedo: che cosa ne è stato di tutto ciò?

Mi vedo bambino seduto in mezzo ai “grandi” e sfoglio tutte queste “assenze” sedute li ancora nel pieno della loro vitalità, con i loro vestiti sempre rispettosi del contesto, gli uomini che non si toglievano mai la giacca e la cravatta a tavola e soprattutto in quelle occasioni. Che ne è stato di tutto ciò?

Come può essere ancora Natale, senza loro? Come può mettersi insieme la gioia per il Natale e il dolore per l’assenza?

Sarebbe toccato a quelli che in queste “foto” stavano dentro la culla perpetrare la tradizione ed essere Natale per gli altri e a conservare questi nostri riti cristiani.

A me sarebbe bastato recuperare oggi lo spirito tramandato di una volta, la semplicità, le giocate in famiglia, i racconti, il riunificarsi dopo tanto tempo, sentire il senso protettivo e il calore della casa anche davanti ad un alberello spelacchio messo all’angolo della stanza ed un presepe sotto il televisore rigorosamente con due canali e in bianco e nero.

Come avrebbero potuto cambiare il Natale le luminarie stradali, cosa avrebbero aggiunto gli spettacoli al freddo per strada, la notte di capodanno?

Per una volta all’anno sarei voluto rimanere a casa.

Forse anche questi valori stanno diventando antichi, forse saranno in futuro sostituiti da nuovi valori, chi lo sa? Forse anche a causa delle recenti costrizioni, anche la casa, ha assunto un significato diverso, più che il luogo rifugio e stato vissuto come il luogo rifugio forzato, e chiunque si è sentito in dovere di uscire, di scappare, di stare in mezzo alla folla anche se questo avrebbe comportato ancora oggi l’uso di mascherine.

Ho avuto la sensazione che questo Natale sia giunto ancora in tono minore rispetto a quelli degli anni scorsi, sarà stato il post pandemia (facciamo finta), sarà stata la guerra che attraverso la nostra TV entra in casa nostra h24, saranno state le novità politiche, ma non vorrei che dopo aver messo in discussione Dio, usato quale parte offesa per giustiziare i giovani iraniani, dopo aver messo in discussione i concetti di patria e di nazione, caduti nella dialettica politica e faziosa, si mette in discussione il concetto di “famiglia”, ristretta, allargata, con genitore uno e due, in qualunque modo la si intenda, ma ancora di valori e garanzia di una vita in comunità.

Un abbraccio, Buon Natale, Epruno.