Carissimi …. Oggi sfato un “tabù” e parlo di una cosa “seria”, il “calcio”!
Certo, per farsi prendere sul serio oggi, bisogna avere un’opinione sulle vicende calcistiche. Professionalmente ho affrontato prove importanti di ogni tipo, ma soltanto dopo un paio di ospitate in TV in programmi che parlano del Palermo, ho guadagnato visibilità e la stima del custode che la mattina in ufficio mi apre la porta d’ingresso chiedendomi un pronostico sulla prossima partita. Fino a quel momento costui non aveva percepito che a suo giudizio io fossi una persona “mediamene importante”.
Avrei potuto essere chi per primo scrisse “E=mc2”, ma se non avessi capito nulla di pallone, non sarei stato nessuno.
Non ci sono degli studi specifici e delle università che ci preparano a questo mestiere di “opinionisti di pallone”, malgrado ci sia chi ci abbia tentato, ancora non esiste una “laurea”.
Il palermitano qualunque, che già di suo è “u miegghiu”, se poi parla anche di pallone, diventa un “mito”.
Benchè logiche legate a interessi commerciali hanno cambiato radicalmente i dettagli di questo vecchio gioco di squadra nato verso la fine dell’ottocento in Inghilterra, malgrado siano scomparsi dei punti certi del credo calcistico, come “la partita giocata di Domenica dopo pranzo” o “la durata di novanta minuti”, il calcio mantiene intatto il suo fascino.
Si “opinionizza” per ore e ore su una palla che adesso per un periodo imprecisato a parere di un direttore di gara, rotola su un piano delle dimensioni di 110 m per 70 m, nella speranza che finisca in una delle due reti, contrapposte e difese da due squadre di undici elementi ciascuno.
Il calcio è cambiato, ma non il suo fascino è vero, sono caduti certi dogmi.
Ad esempio chi ricorda i bei periodi nei quali, a un certo punto dell’incontro calcistico, nei gradoni della “curva sud” un omaccione, dotato di un vocione baritonale, richiamava l’attenzione del collaboratore del direttore di gara che agiva sotto la tribuna gridando: “segnalino, diccillu all’arbitro che è curnutu!”. Questa invocazione era seguita da un’ovazione e un coro unanime che esternava gridando “cornuto!” e tutto si fermava li, tra le risate collettive, quando ancora non esistevano gli “ultras” organizzati.
Anche questo gesto divertito e divertente, sarebbe oggi di difficile interpretazione poiché, quale dei “segnalinee” avrebbe dovuto riportare il messaggio al direttore di gara, perché oggi non si parla più di terna arbitrale, bensì di sei arbitri, in comunicazione tra di loro con radiomicrofoni e auricolari (cinque in campo e uno tra le panchine, chiamato ancora “quarto uomo”)?
Così di calcio per sentirci importanti, vorremmo parlarne tutti, dall’esperto conduttore di talk-show all’uomo comune che funge da pubblico e che a sua volta diviene opinionista, quando gli si chiedono i pronostici.
Quale migliore occasione per lui, visto da tutti i parenti da casa, ricevuto il microfono, evitando di non scadere con termini dialettali, per fornire una “perla di saggezza” da incorniciare, quale: “Ce la dovessimo fare, anzi, avessimo a vincere!” Esternazioni in un italiano meritevole di attenzioni da parte dell’Accademia della Crusca e frutto di un’incipiente “congiuntivite” che per fortuna lascerà incolumi gli occhi.…Un abbraccio, Epruno.