Carissimi,
Alzatomi presto come al solito mi preparo al saluto al sole, un rito che mi aiuta a capire quale sarà l’orientamento della giornata, certo comunque che la giornata, qualunque siano i programmi, verrà sempre determinato dall’emergenza dell’istante.
Piove e quindi mi attende già un delirio per le strade e sfortunatamente non riuscirò a salutare il sole che sorgerà sopra le nuvole nascondendosi alla vista. L’acqua, i continui lavori stradali e i “macchinoni” delle mamme che accompagnano i bambini a scuola e che arrivano a formare anche la tripla fila crea il consueto ingorgo.
C’è tempo per rimanere fermi e pensare, ad esempio i bimbi a scuola, accompagnati dalle mamme. Il pensiero va subito a quando a scuola andavamo da soli, con quelle pesanti cartelle a tracolla, avendo ricevuto le istruzioni di rito quali quella di stare attenti nell’attraversare la strada, non fermarsi a parlare con sconosciuti e non dimenticare la merendina anche se sapevamo che in quel caso, a ora di ricreazione, clandestinamente il bidello ci dava la possibilità di acquistare le ciambelle nell’antibagno.
C’era freddo nelle classi e se facevamo chiasso, il maestro o la maestra ci picchiava e non potevamo parlarne a casa perché avremmo preso il resto delle botte ed era il maestro a scriverci sul quaderno che saremmo dovuti venire a scuola accompagnati dai genitori.
Oggi è tutto diverso e ci sono anche genitori che in rappresentanza finiscono per viverci a scuola e vi sono maestri che supplicano i genitori con note sui quaderni, di non farsi vedere a scuola, dopo aver giurato sulla propria famiglia di non aver rimproverato l’alunno per non esser picchiato dai padri dei bambini.
Sarà un segnale di miglioramento della qualità della scuola? Ed io che ne so, ricordo ancora le mie gambe coperte dai pantaloncini corti rosse dal freddo, mentre la maestra stava con la stufetta sotto la cattedra e guai a chi parlava. Dove erano le madri coraggio di oggi? Certamente non a far pilates, tutto al più a fare “ponzio-pilates” lavandosi le mani e delegando per quella fascia oraria la nostra educazione all’istituzione scuola.
E che dire dei presidi manager odierni, alla mia epoca la parola preside era un tabù, nominarla era sinonimo di guai, mala salute o provvedimenti disciplinari.
C’era la stanza più bella della scuola con le coppe sugli scaffali e qualcuno che affermava (i più fortunati) di non aver mai visto il preside durante la propria carriera scolastica.
Dalla campanella al badge il tempo è volato rapidamente con una considerazione, quella scuola era bella perché tra le due campanelle ci si formava e ci si acculturava e ogni giornata c’erano compiti da fare o portare e qualcuno li a giudicare sul progredire della nostra crescita nozionistica e se tutto andava per il meglio, si approdava alla classe successiva in un procedimento di crescita. C’era poco da “leccare”, le cose le sapevi o non le sapevi e potevi fare il ruffiano in eterno ma senza risultati se non studiavi.
Quella era la scuola, oggi sul lavoro, avendo conosciuto il badge, l’unica preoccupazione per chi ci controlla è il rispetto della “strisciata” all’orario di ingesso e d’uscita, nessuno valuta seriamente se il soggetto durante quelle ore di permanenza sia produttivo o assuma la postura di una pianta all’ingresso.
Sì il vero furbetto del cartellino, in un’epoca dove sarebbe più redditizio e meno dispendioso per la collettività il telelavoro, è chi permane durante le ore contrattuali in un posto pubblico lavorativo essendo stipendiato per non fare nulla, perché il “far qual cosa non è di propria competenza”! Un abbraccio, Epruno.