Carissimi …. Non passa giorno da qualche tempo nel quale alzatomi non vada a rendere il buon giorno alla mia città, dalla finestra della mia casa, affacciandomi e guardando in lontananza il sole che cresce dal mare. Cammino per Palermo in questi giorni, mentre la città si prepara ad un periodo natalizio e rimango sempre impressionato dalla mia grande città, dal suo centro storico e dalla storia che rinasce dalle sue pietre nei piccoli vicoli oggetto sempre più frequentemente di lavori di restauro.

Palermo sembra essere “una città stato” a se stante, davanti ai problemi portati dalle globalizzazioni e dalle speculazioni internazionali, davanti alla povertà dilagante che sta contagiando un continente, dopo averne contagiati altri. Qui e solamente qui c’è tanto ottimismo.

Si ma dove si basa la fonte di tale ottimismo? La fonte di tale spirito positivo va cercato nella fiducia che i palermitani e soprattutto le classi più deboli, ripongono nel “prossimo”, ma non nel prossimo qualunque, ma nel “prossimo politico”! Cioè nel prossimo che deve venire! Qui le competizioni elettorali si risolvono tutti con “consensi bulgari” anche se il “prossimo” invece di essere un uomo del futuro, dovesse essere un uomo del “futuro anteriore”, ma basta che sia il prossimo.

Sono interpretazioni, sono punti di vista locali ma che comunque risultano efficienti se una terra come la nostra, sulla carta ricca di risorse paesaggistiche e naturali, ma in pratica produttrice in larga scala di pubblico impiego, ancora oggi, riesce a trasmettere segnali vitali. Come me, che inizio la mia giornata guardando il mare, anche il palamito tipo guarda il mare, inteso come mezzo di arrivo di qualunque soluzione dall’esterno.

Ci siamo beati tanto nei millenni, attraverso dominazioni di tutti i tipi, dovremmo iniziare proprio adesso a prendere in mano il nostro destino?

Geneticamente è una situazione improponibile. Ognuno che è passato da questa terra, ha lasciato tracce importanti della propria cultura e noi siamo stati li a guardarli fare, convinti che tutta questa operosità alla fine dovesse finire, sarebbe arrivato il momento in cui tali soggetti stranieri si sarebbero dovuti stancare e andare via.

Ecco probabilmente la nostra forza è stata nel farli stancare.

Immagino il periodo in cui gli arabi ci costruivano gli acquedotti, parti dei quali sono integrati nelle nostre attuali reti idriche. Certamente davanti a tali imponenti opere, ci sarà stato un palermitano seduto all’ombra della canicola estiva a criticarne il tracciato ed a lamentarsi che voleva più acqua.

Immagino grandi cantieri per costruire le splendide chiese barocche, e qualcuno seduto all’ombra accaldato ed annoiato dal far nulla a criticare la circostanza che la facciata era troppo alta. Immagino il Caravaggio dipingere e qualcuno seduto stanco, nella stanza a criticare che certi quadri erano troppo scuri. Immagino ampie discussioni di piazza, all’ombra, seduti sugli scalini di quelle chiese barocche prima realizzate, volte a criticare il fatto che questi Borboni non erano molto bravi nella realizzazione delle strade, ma che tutto sommato se non aumentavano le tasse. E si carissimi, il siciliano ed ancor più il palermitano, abitante della capitale, ha avuto da sempre una vocazione per la critica così spiccata che nella spasmodica ricerca della perfezione ha dovuto sacrificare l’operatività! Io non sono uno storico, non sono un economista, sono l’uomo della strada e questa teoria mi convince se è vero come è vero che “cu nnesci arrinnesci”, perché non sono le potenzialità che mancano in questo individuo, tanto che quando emigra per andare a lavorare in un contesto dove tutto è già organizzato, lui emerge. Ed allora se emergiamo fuori, perché mettendo insieme tutte queste teste non facciamo qualcosa di importante, qui nella nostra terra? Ovvio, perché ci stiamo ancora pensando e soprattutto, perché il modello non è ancora perfetto! E che volete? Fa caldo .……Un abbraccio, Epruno.