Carissimi,

Aveva per suo conto già risposto Giorgio Gaber, ma penso che la libertà sia qualcosa di veramente relativo, diversamente non sarebbero stati in tanti a scrivere su ciò.
Ognuno ha le sue libertà, poche volte legate al pensiero, molte volte legate allo spazio, tante altre volte legate alle abitudini. Fare i fattacci propri è sinonimo di libertà?
Ricordo ancora le belle frasi dell’educazione civica che ci ricordavano “la nostra libertà finisce dove inizia quella degli altri?”. Bello a risentirlo. La mia mente va al vero periodo di grande libertà inconsapevole, l’adolescenza e il successivo periodo universitario, quanto eravamo belli ma in pochi sapevamo che cosa la vita ci avesse riservato per il futuro e vivevamo alla giornata e costrizione diventava il dover studiare e andare a scuola, libertà per noi erano le vacanze estive. Visitare i paesi stranieri ci dava l’idea più completa del concetto di libertà.

Ricordo ancora l’impressione che mi fece la prima volta Amsterdam, agli inizi degli anni ’80, l’incontro in una capitale del nord di altri giovani coetanei di altre nazioni, il dormire negli ostelli della gioventù nei cameroni con 16 letti a castello, in quelle notti passate a tentare di prender sonno tra il russare del gigante teutonico, il fetore dei calzettoni dell’inglese “sciarriato con l’acqua” e quel fumo nell’aria che da bacchettone non sapevo cosa fosse ma mi sarei dovuto chiedere il perché di tanta allegria al risveglio.
Libertà per me significava poter lasciare lo zaino con i miei vestiti e gli effetti personali ai piedi della branda, la mattina, il ritornare la sera e ritrovare il tutto.

Che dire delle meravigliose ragazze, tutto ciò che era biondo era meraviglioso, anche se nelle gambe tenevano peli simili a quelli di uno stopper di terza categoria. Quei sorrisi angelici che ti facevano innamorare a prima vista e ti davano la soddisfazione di una conquista inaspettata ed eri nella mente tua fidanzato e non vedevi l’ora di tornare a casa per far vedere la foto, se la macchina fotografica avesse impresso il tutto regolarmente nel rullino. E che dire delle lettere nelle quali descrivevi le tue giornate e ti attendevi risposte altrettanto articolate, fino a quando nella terza risposta non apprendevi che l’angelo biondo non voleva più esser disturbata e scoprivi che il ragazzo in viaggio aveva lasciato per venire con te, non era neanche il fidanzato, perché il fidanzato era un serio ricercatore universitario con il quale stava da anni con il placet delle faglie.

Oggi con l’esperienza degli anni avresti capito che il volto angelico stilnovista nascondeva una “nave scuola” che aveva visto più passeggeri di una ONG nel canale di Sicilia, ma pensi a lei con affetto, perché si voleva divertire come te e ti aveva regalato emozioni in libertà facendoti crescere. E dire che qualche sospetto l’avresti dovuto avere se il giornale dell’ostello ti informava che prima di fare sesso dovevi usare il preservativo da ritirare gratuitamente alla reception e se cercavi droga dovevi stare attento a dove la compravi e da chi e io che la domenica prima stavo in chiesa a cantare in coro “al tuo santo altar”.

Tanta libertà al tempo mi sconvolse, vedere le donnine dietro le vetrine a luci rosse chiamarti invitandoti ad entrare, un altro mondo rispetto alla prostituzione al tempo esercitata nelle case chiuse (aperte in clandestinità) nelle catapecchie del centro storico. Eppure riflettendoci oggi a distanza di 35 anni penso che quella libertà, fosse frutto di tanta organizzazione alle spalle e molto meno ipocrisia. Mi spiego meglio, per lo sprovveduto bacchettone italiano il primo pensiero era quello che li si potesse fare tutto ciò che si volesse fottendosene del tutto, poi riflettevi ai messaggi del bollettino che ti suggeriva: “Vuoi farlo? Fai attenzione, bada alle conseguenze e memorizza questi indirizzi di servizi sanitari all’occorrenza”. Stessa cosa per la prostituzione con i quartieri a luci rosse presidiati dalla polizia e le signore periodicamente controllate da un servizio medico. Altro che grande bordello, lo zaino restava lì davanti la brandina senza che nessuno toccava nulla.

Questa atmosfera di “grande libertà disinibita” ci poteva turbare, potevamo non condividere ma il tutto era sotto controllo, e questa sensazione l’ho ritrovata in altri paesi dove per strada non incontravo mai una pattuglia di polizia, ma se venivo pizzicato a sbagliare non c’erano giustificazioni che bastassero, dovevo pagare.
Qui nel nostro paese “poco serio” quanto sopra non potrebbe mai avvenire, poiché ci piace fare chiacchiere finanche in parlamento e ci conviene fare tutto ipocritamente di nascosto e poi “baciare le pile per essere il cattolico dell’anno”.

Un abbraccio, Epruno