La Memoria e la Coscienza

Carissimi,
Chi sa perché ci siamo ridotti a celebrare giornate della memoria, forse perché la cosa più importante che possedevamo prima che giungessero i computer, l’abbiamo persa?
Sentiamo spesso “per non dimenticare”, organizziamo le giornate della memoria e poi scoprire sempre più spesso che chi organizza è chi non ha dimenticato, perché non può dimenticare. Due soli soggetti non dimenticheranno mai, la vittima e il carnefice, ma mettete sul tavolo due soldi e vedete come tutti gli altri dimenticano con semplicità.

Comprendo i vizi, ma non capisco l’avidità di denaro, anche se è con il denaro si comprano i vizi.
La medicina di tutto sembra essere il denaro, qualcosa che non cresce in natura ma è nel nome del denaro che si è fatto e si continuerà a fare tutto. Eppure con il denaro si compra una vita, perché la vita è come una laurea, ha finito per perdere il suo valore in un mondo che è sempre più ingiusto.

Tutti vi commuovete un giorno l’anno sentendo i racconti dei reduci, fin quando ne resterà qualcuno e la vostra giornata sarà sconvolta dal pensiero di quei campi di concentramento, da quelle immagini sempre più vecchie o quelle dello scenario un attimo dopo le stragi, ma pochi troveranno la sensibilità di andare oltre l’orrore e non si chiederanno il perché di come un altro uomo può diventare un animale e un carnefice, barricandosi dietro la cultura dell’odio, ideali prefabbricati, ordini o codici comportamentali ai quali dovrà portare rispetto. Ipocritamente daremo colpa alle guerre, di per se già orribili, nascondendo che a muovere tutto ciò, anche in questo caso è sempre stato il denaro.

Ma quali razze? Ma quali religioni? Ma ci nascondiamo dietro una religione per uccidere, ma se esiste chi è quel Dio che può ordinare un omicidio?
Scomparivano i vicini di casa, intere famiglie, compagni di lavoro, compagni di scuola, compagni di giochi e nessuno si chiedeva nulla? Nessuno vedeva nulla? Scoprimmo che era il proprio vicino di casa a denunziarti al potere dominante, all’idiota consapevole soldato o alla polizia “speciale”, per rubarti i tuoi averi, un istante dopo il tuo arresto, e la tua vita come tutto ciò che possedevi era porta aperta.

Avranno portato fortuna o benessere a qualcuno quei soldi o quegli oggetti di valore sporchi di sangue?
Quante volte toccate quelle suppellettili avranno sentito lo sporco delle loro azioni?
Costoro sapevano che Dio non esisteva, non poteva esistere un Dio che si voltava dall’altro lato davanti ad un tale orrore, non poteva esistere un Dio di amore che aveva creato quel carnefice e quelle vittime.

Non poteva esistere un Dio che aveva concepito tali suoi ministri collusi con quegli esaltati deliranti o idioti consapevoli che vestivano senza onore quelle divise da soldato o poliziotto per applicare leggi raziali.
Noi non abbiamo vissuto tali orrori, non abbiamo vissuto direttamente questo dolore, abbiamo visto altri orrori e vissuto altri dolori a causa di altre guerre in tempo di pace, per mano di altra gente sporca prezzolata.

Abbiamo visto, in un altro tempo, trattare i resti di un individuo come si fa con stracci sporchi, abbiamo visto il progetto di una vita con tutti i sacrifici e l’amore per curarla e farla crescere devastata in un attimo, a volte non ne abbiamo potuto raccogliere neanche i resti eppure siamo ancora gli animali che fummo, una volta che entra in gioco la roba e il denaro e poi per un giorno vorremmo ricordare?

Visitate uno di quei recinti dell’orrore dove il lavoro doveva rendere liberi, l’impressione che ne trarrete sarà quella di uno spazio piccolo se messo a confronto con quanto immaginato seguendo i racconti, o leggendo i libri. Piccolo era il cancello d’ingresso, piccole erano le baracche per contenere tutta quella gente e non riuscirete mai a capire fin quando non vi troverete davanti alla raccolta di una montagna di effetti personali, di quanta gente fosse passata da li e poi fatta scomparire.

In un piccolo forno sarebbero scomparse le prove dell’esistenza di una intera famiglia e non l’appartamento andato chi sa in quali mani o i gioielli d’oro che avrebbero arricchito un vicino di casa, quello che avrà trovato conveniente non voltarsi dall’altro lato, non ribellarsi a ciò, ma denunziare, lui si “per non dimenticare” fino alle soglie del suo inferno, mi auguro.
Un abbraccio Epruno.

Per Amore del Lardo

Carissimi,
che settimana ci siamo lasciati alle spalle? Sopravvissuti alle fastidiose influenze stagionali, ci teniamo informati attraverso i giornali on line o i notiziari Tv su ciò che ci accade attorno, nell’attesa che giunga questo periodo dell’Acquario con “Saturno contro” (ma poi chi ci ha fatto mai qualcosa a questo Saturno?)
Per fortuna a distrarci da brutte notizie e gravi problemi reali, pur lasciandoci qualche dubbio, ci pensa il dibattito politico oggi sempre più nel vivo avvicinandosi la scadenza elettorale.
Così accade che ancora oggi padri di famiglia usciti di casa per andarsi a guadagnare il pane possano trovare la morte sul lavoro, perché le precauzioni e i controlli non sono mai troppe, di contro cambiando canale troviamo chi dibatte sulla possibilità o meno di abolire il canone Rai.
Così accade che qualcuno si sveglia una mattina e scopre che esiste un problema in una città mediamente opulenta del “mondo occidentale”, piena di grosse automobili e che vive di contraddizioni essendo un giorno capitale del “sogno”, il giorno dopo filiera di saracinesche chiuse. Leggi il resto dell’ articolo »

Il Mercatino delle Idee Usate

Carissimi,
“Spelacchio”, fosse lui il problema? Eppure troviamo il tempo per riempirne indignati le pagine dei giornali quale esempio di scempio e di cattiva amministrazione proprio mentre in TV è iniziata la giostra mediatica o meglio il mercatino dell’usato in vista delle prossime competizioni elettorali.
Mi viene in mente Albertone vestito da frate che nella Roma papalina tenta di fermare la folla che assalta Castel Sant’Angelo per sollecitare, avida di spettacolo, la condanna a morte di Monti e Tognetti.
Il povero frate continuava a gridare: “popolo chi sei? Tu non sei niente!”
Mai tale verità fu più attuale.
Se ci pensate ci siamo lamentati per cinque anni di non aver avuto la possibilità di votare per mandare a casa i nostri governanti, abbiamo chiesto una legge elettorale che ci ridesse la possibilità di scelta dei nostri rappresentanti e siamo stati accontentati con la possibilità di scelta pari a quella dei prodotti sugli scaffali dei Magazzini GUM prima del crollo dell’Unione Sovietica. Leggi il resto dell’ articolo »

E un giorno prese la moto

Carissimi,
Qualche anno fa scrissi un “pezzo” che si intitolava “e un giorno prese l’autobus”. Eravamo in un’epoca di “palude” e non di “visione” e quindi ciò dimostra la mia equidistanza di giudizio da chi gestisce la cosa pubblica. Il brano faceva riferimento a una frase pronunciata da un mio caro amico che ricopriva un importante ruolo politico al sindaco pro-tempore (della sua stessa coalizione) per chiedergli: Ma che città vivi? Ma che città vedi?
Era un momento storico particolare che io definivo parafrasando ben altri momenti storici più importanti come quello della “fantasia al potere”, forse perché a governare c’erano un bel po’ di persone cresciute con me sui marciapiedi, nelle scuole pubbliche e non in provetta come oggi spesso accade.
Era soltanto qualche anno fa, ma era un periodo, dove un amministratore non poteva uscire da casa fustigato com’era dalla stampa locale, attenta a riportare l’opinione dell’opposizione se non in alcuni casi a rappresentare se stessa come opposizione.
A quell’epoca gli ideali erano morti da poco sacrificati all’altare di “tangentopoli” che fornì prova di quanto nei discorsi di caffè si andava raccontando da qualche tempo. Quasi contemporaneamente finiva l’epoca dei “non personaggi” e iniziava un’epoca dei “comunicatori”. Gli ingegneri capi, i ragionieri capi, venivano soppiantati da sindaci e assessori “omni-competenti” che davanti le telecamere di TV locali (sempre di vicende di un “mondo piccolo” parliamo) continuavano a ripeterci “abbiamo detto, abbiamo fatto …” come se la cittadinanza fosse distratta dall’oggetto del contendere, come se fosse necessario avere l’imprimatur della stampa per certificare l’avvenuto o rappresentare qualcosa che nello specifico non lo era.
A lungo andare quello che prima era un anonimo assessore eletto ma noto soltanto agli addetti ai lavori, oggi è diventato un assessore nominato e una star mediatica e per di più “antipatico”, poiché suo malgrado ha finito per fare da catalizzatore di tutte le insoddisfazioni collettive. Inoltre tale antipatia si è alimentata dalla circostanza che non esiste momento pubblico nel quale non te li ritrovi presenti, in compagnia delle stesse facce, la stessa corte, lo stesso cerchio magico, lo stesso circo itinerante.
E’ un modo molto diverso di fare politica. E’ un modo radicalmente opposto a quello della prima repubblica di amministrare, se all’epoca volevi parlare con il sindaco dovevi andare a trovarlo nel palazzo di città o nella sua segreteria politica, oggi lo devi inseguire in una delle tante apparizioni di cui è fitta la sua agenda giornaliera, forse perché appare più importante essere visibili che rimanere dietro ad una scrivania a lavorare?
E dire che qualunque progetto, qualunque realizzazione nasce dall’unione di un lavoro sul campo e da un report a tavolino. A mio parere, stando sempre in giro come facciamo a non accorgerci dell’evidenza dei fatti? Di contro mi verrebbe da pensare: “ma se noi siamo sempre in giro, chi è che siede al tavolino e prende oggi le decisioni finali?” Ma questa è un’altra storia.
Io voglio bene alla mia città e gliene voglio a prescindere da chi la governa e per ciò qualunque iniziativa che abbia per oggetto la mia città, non mi vedrà mai schierato nel pregiudizio per partito preso e proprio per questo inviterei tutti ad abbassare i toni della dialettica e a ritornare ad accettare le critiche o i punti di vista diversi.
Vi sembrerà strano ma molto spesso le osservazioni che riporto nei miei editoriali nascono durante i quotidiani transiti per raggiungere l’ufficio in motocicletta, poiché è vivendo questa città nelle sue parti transitabili (e non soltanto nelle isole pedonali) che se ne può comprendere lo stato di salute senza necessariamente esser costretti a ragionar per parafrasi o peggio a raccontar favole.
“E un giorno prese la moto”, si oggi anche l’autobus sarebbe più complicato, l’importante è lasciare per un giorno a casa la scorta e vivere la città come un normale anonimo cittadino, per comprenderla meglio.
Ecco questa potrebbe essere una “nuova visione”.
Un Abbraccio Epruno