Dottor Cretino

Carissimi, accade spesso di partecipare a incontri di lavoro e come sempre incontrare lui, il “cretino di turno”, colui che è vero cretino, ma in qualche modo, con varie alchimie siede senza alcun “titolo professionale” al nostro tavolo.
Tutti non sapendo come chiamarlo, con molto imbarazzo lo chiamano “dottore”, perché lui, il più delle volte, preso dal suo complesso d’inferiorità è pure perfido e quando s’incazza fa danno.
Guardandolo pensate: “Non ci sono più i cretini di una volta, oggi finanche i cretini si fanno chiamare dottore”. “Che ne è stato del valore del titolo di studio?” “ Ma perché dopo anni di studio per una laurea importante non sono diventato ricco?”
E’ così che per una strana associazione di pensieri, mi viene in mente Peppino.
Peppino detto “Pippinu” era una persona umile in paese, non aveva che la quinta elementare presa chi sa Dio come e non brillava per intelligenza, diciamolo pure, era “cretino”, ma buono e se a questo sommiamo un’infanzia sfortunata, non si poteva non nutrire simpatia e affetto per lui.
Rimasto orfano e solo dopo la prima guerra mondiale i parenti lo imbarcarono sulla nave che portava in America per strapparlo a un destino di stenti e povertà.
Ormai grande e avanti con l’età Peppino un giorno tornò in paese dall’America per venire a deporre un fiore sulla tomba della madre.
Era diventato ricchissimo e ricordo ancora quella sera al Bar di Franco, quando tutti i paesani per festeggiarlo, lo invitarono a raccontare la sua vita negli States.
Lui in quell’italiano ormai stentato e con quel sorriso sornione e coinvolgente, non si sottrasse alla curiosità dei concittadini.
C’era chi gli chiese: “Peppino tu hai studiato?” “Ti sei laureato?”
Lui con la testa face cenno di no.
Gli domandarono: “Hai fatto un buon matrimonio?” “Un matrimonio ricco?”
Peppino divertito rispose di no.
Il barista gli chiese: “Non mi dire che hai rubato?”
Peppino con quel suo sorrisone, rispose “ma quando mai” e intraprese il suo racconto.
“Io sono arrivato povero e orfano e un commerciante ebreo mi prese con sé a lavorare, ma mi voleva bene come un figlio ed io ho lavorato come un mulo giorno e notte e così lui mi face mangiare e dormire in casa sua. Lui aveva tanti sordi, tanti palazzi, tanti business”.
Mi venne spontaneo dirgli:
“Ti ha adottato e ti ha lasciato erede universale?”
Peppino rispose: “No, quando mai”.
Io replicai: “Allora come è che oggi tu sei diventato così ricco?”
Peppino completò il suo racconto: “In punto di morte mentre io chiancia ed ero vicino al suo capezzale, lui mi fece cenno con la mano per farmi avvicinare e mi disse all’orecchio – Pippino, tu si cretino e te lo dice uno ca ti voli bene, t’avissi potuto lassari sordi e proprietà ma tu si troppu buono e ti l’avissi fatto futtiri, per questo lasso tutto e me niputi ca manno schifiato ppi na vita, ma a Te lasso na cosa chiù importante – e tirò fuori da sotto il cuscino…….”
A questo punto Peppino mi mostrò prendendola dalla sua tasca una piccola e vecchia agendina ormai rovinata.
Preso dallo stupore gli dissi: “E ti lasciò solo questa agendina senza valore?”
E Peppino allargando il suo sorrisone con grande soddisfazione e portandosi il dito indice sulla tempia mi disse: “A me lasso i canuscienze!”
Ora non so che tipo di conoscenze avesse ereditato e quale fosse la natura del “business” del suo padrone ebreo, e non lo voglio sapere, so solo che quando morì Peppino era un uomo tra i più ricchi e influenti di Detroit, oggi una fondazione porta il suo nome e si dice che con lui in vita, quando il partito repubblicano doveva scegliere i candidati per la presidenza degli Stati Uniti, i grandi elettori si rivolgessero a Peppino per l’ultima parola.
Si è vero, chi vi sbatte in faccia titoli e ricchezze il più delle volte sovrastimate, non è nessuno, spesso è “il cretino” di cui all’inizio che con tanta furbizia seguendo un altro cretino o un marpione a cui serviva un utile idiota, si ritrova in alta quota dove l’ossigeno è più rarefatto e bisogna dosare le energie.
Il piacere di non sporcare la propria intelligenza, di vantarsi di non essere nessuno e non avere un ruolo e un privilegio di pochi i quali però finiscono per “conoscerli tutti quelli che contano” poiché per dirla come Peppino, “la vera ricchizza su i canuscienze”.
Un abbraccio Epruno.

(Articolo pubblicato su www.ilsicilia.it il 21/07/2017)

“Orgoglio e Dignità”

Carissimi, pensavo a come Jane Austen famosa autrice di libri quali “ragione e sentimento” o “orgoglio e pregiudizio” avrebbe descritto la nostra realtà sociale, se fosse stata viva ai giorni d’oggi e avesse soggiornato a Palermo.
Probabilmente ci avrebbe regalato un altro dei suoi romanzi destinati a divenire di successo, magari dal titolo “orgoglio e dignità”.
Le storie, le fonti e i personaggi non le sarebbero mancati.
In quanto a orgoglio, il così detto “pride”, da queste parti, usando un’espressione quantitativa locale ne avrebbe trovato a “tingnitè” (in quantità smisurata) grazie alla qualità degli abitanti locali d’imparare le cose peggiori da tutte le dominazioni che si sono succedute.
L’orgoglio è palesemente il risultato della lunga dominazione spagnola e insieme a vezzi e atteggiamenti caratteriali barocchi, quali il rispetto, la reverenza, il cedere il passo, il non guardare negli occhi a mo’ di sfida e tante altre cazzate smorfiate come queste, sono stati terreno fertile per reinterpretazioni a “modo nostro” fino a creare anche una “cosa” che fosse “nostra”.
L’Onore, “la parola d’onore”. Un gentiluomo era tale perché rispettava i suoi impegni e la parola data, figuratevi come ciò si possa conciliare con la difficoltà ai giorni nostri di mantenere memoria per più due anni.
Pertanto ti posso dare la mia parola d’onore anche in lingue antiche non più parlate certo che dopo un po’ tu te ne sarai dimenticato (se non fosse per internet che mette a disposizione di tutti, ancora per poco, gli eventi senza che questi subiscano un preliminare filtro da parte della stampa orientata o “privata”).
In questa terra da sempre governata da Viceré ce ne siamo fatti una ragione e siamo sempre andati avanti con la convinzione che “buontempo e maltempo non duran tutto un tempo”! Abbiamo imparato le espressioni di circostanza indossando la fascia nera al braccio e ci siamo fatti trovare sempre pronti per il “nuovo”, “il nuovo che avanza”. Voi mi direte: “Ma questa è dignità?”
Andiamo alla dignità. Quante volte abbiamo utilizzato questo termine per descrivere una modestia rispettosa, un accettabile risultato ottenuto con gli sforzi possibili?
Quante volte abbiamo utilizzato questo termine per descrivere l’ultimo baluardo rimasto a chi non ha nulla e vuole farsi rispettare anche nella sua modestia?
Eppure sovente abbiamo sorriso nel sentire nelle risse espressioni come “si senza dignità”, riferite a chi pur di raggiungere un proprio tornaconto mette da parte la morale, i principi, il decoro, la parola data, la fedeltà, il rispetto e scodinzola.
Col tempo, ci siamo convinti che tutto ciò non ha nulla a che vedere con la condizione sociale o lo status economico. Frequentemente colui al quale diciamo “si senza dignità” non è il poveraccio, ma è chi si è costruito una posizione calpestando tutti e vendendosi finanche la madre (se questa avesse avuto mercato), ad esempio è quella feccia di persona che ti chiede la “bustarella” per mandarti avanti una pratica, non è il barbone disperato che dorme tra i rifiuti, è “quello elegante” innocuo dal quale ti mettono in guardia, nonostante la tua incredulità, dicendoti: “Chi quello? Sapessi …”
Il “senza dignità” spesso è quel genio del male che farebbe girare nella tomba finanche Giovenale. E’ anche quel custode della trasparenza e del rispetto delle regole, quel controllore che nessuno controlla. Costui è più deplorevole di chi chiede il “pizzo”, poiché quest’ultimo appartenendo a un’organizzazione criminale, a un antistato, ha già fatto le sue “scelte” sbagliate e sa di essere un criminale da perseguire, ma almeno non dispensa morale.
Quanti personaggi sui quali scrivere romanzi e pensare che il mio mito da sempre è stato il Colonnello Brandon grande gentiluomo che vive con tanto riserbo i suoi sentimenti, sempre pronto, disponibile e generoso, stando un passo indietro. Con il passare del tempo mi rendo conto che anche quei “colonnelli” si sono estinti e sono stati i “cannavazzi” (stracci per pulire) come John Willoughby a proliferare, perché sono “senza dignità”.
Meglio di no Jane, riposa in pace nella tua epoca e grazie per averci donato istanti di distrazione attraverso i tuoi libri che ci hanno deliziato di futili conversazioni legate alla meteorologia o di vicende di figlie da maritare.

Un abbraccio Epruno.

 
(Articolo pubblicato su www.ilsicilia.it 14/7/2017)

Vadi Contessa

Carissimi, non sono amico di Dolce o di Gabbana, ho molti amici ma purtroppo loro non sono tra questi.
Non sono un danaroso cliente di Dolce & Gabbana, sono un normale cliente che compra, semmai i loro profumi e allora me lo dite perché “cazzo” dovrei stare in un evento privato a tavola insieme a miliardari che non conosco, io che sono a mala pena un impiegato pubblico?
Eppure la notizia che in città ci fosse un evento (privato) di tale importanza, ha fatto impazzire tutti coloro abituati a sentirsi “qualcuno” e immagino soprattutto le loro compagne che avranno assillato costoro affinché si facessero valere per avere un posto a loro riservato.
Sappiamo tutti, non solo gli operatori del settore che c’è chi fa di tutto per imbucarsi negli eventi, anche in quelli strettamente privati essendo fuori luogo, pur di strappare un selfy e per una notte, da impiegato, sognare seduto accanto alla Contessa Pia Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare.
Io immagino la scena, in un salone con tavoli composti di miliardari russi, cinesi, arabi con mise lussuose e di alta moda e un tavolinetto in un angolo, con loro (gli scrocconi) mentre qualche invitato sta a chiedersi, da quando tanta democrazia nei confronti della servitù.
O meglio immagino scene di “scrocconi” più fortunati seduti in quei due posti rimasti liberi in un tavolo da dieci, quelli per intenderci dove finiscono gli ospiti che s’integrano male con il resto degli invitati (in genere quelli con i quali non vorresti mai sedere).
Immagino anche le discussioni imbastite in una lingua inglese stentata facendo convenevoli del tipo: “Lei da dove viene? Dall’Oman? Ci devono essere delle belle spiagge lì da Voi. Con mia moglie abbiamo deciso che quando coincideranno le nostre ferie prima o poi visiteremo il Suo paese.”.
Oppure “Ah, il paese è proprio tutto Suo? Certo un bel lavoro deve essere il Vostro. Io non mi posso lamentare, lavoro per la pubblica amministrazione che non è proprio tutta mia, ma è come se lo fosse. Sono dirigente di un ufficio ben avviato, con tanto personale.”
Il tutto nella speranza che a tavola non servano le “stronzette lumachine”.
E’ così che incidentalmente scopri che il mondo va fuori da quel “cato” dove avevi vissuto fin a quel momento e che si potesse viaggiare garantendosi dei lussi senza necessariamente in missione a spese del contribuente.
Comprendi che quando “il mondo” passa dalle nostre latitudini tutte le piccinerie provinciali alle quali si era abituati, diventano ridicole.
Comprendi che non ci si “autoproclama autorità” sol perché si mette in croce l’organizzatore di un evento per farci avere il biglietto d’ingresso omaggio nelle prime file riservate.
Capisci che “autorità” comporta un “protocollo e un cerimoniale” (quello vero, governato da una legge che stabilisce finanche le priorità dei posti a sedere).
Capisci che o si ha un ruolo e quindi saranno gli altri ad avere il piacere di invitarti oppure sei “fuori luogo” e come scrissi qualche settimana fa, o “si è” o “non si è”, non esistono vie di mezzo come c’insegna la “rana di Fedro” e a poco, servono gli auto attribuiti titoli di “Dottore” senza aver senza aver conseguito una laurea.
Chi frequenta le vere capitali mondiali sa delle frequenze di questi “eventi riservati” in locali in o contesti di grande prestigio e allora perché tutte queste polemiche rispetto alla impenetrabilità e riservatezza dell’evento?
Dobbiamo a mio parere esser grati a “uno di noi” che con il suo talento ha fatto fortuna ed è tornato qui (investendo risorse personali) nelle stesse location ormai arcinote per il business delle “serie di mafia, antimafia e squadre di polizia”, per non parlare una volta di mafia ma per presentare a danarosi amici e clienti personali le bellezze di Sicilia a partire dalle piante di limoni, dall’essenza bella e meravigliosa di questa nostra sicilianitudine. Nella speranza che certe opportunità si ripetano se vogliamo crescere e vogliamo essere degni di questi titoli che con periodicità ci vedono capitale di qualcosa, dobbiamo crescere noi individui imparando a convivere a “alta quota”.
Dedicato a Fantozzi. Un abbraccio Epruno.  

(Articolo pubblicato su www.ilsicilia.it 11/7/2017)

L’Ombra

Carissimi, l’estate è forse il momento nel quale un po’ tutti fate attenzione al sole sicuramente per gli effetti che esso produce sulla temperatura e sull’irraggiamento delle vostre giornate balneari.
Il sole, non vorrei sconvolgervi, per fortuna c’è tutto l’anno, lui sta fermo lì ma noi che gli giriamo intorno con la terra lo vediamo sorgere e tramontare ogni giorno dell’anno, spostandosi leggermente sull’orizzonte.
Esistono delle dovute eccezioni pre-galileitiche (ma ancora presenti) di soggetti convinti che il sole e tutti gli astri girino intorno a loro e producendo nel sottoscritto ben altri tipi di rotazione di attributi.
Certo se io mi sentissi il centro dell’universo, sarei sempre allegro e felice, costoro no, se ci fate caso sono sempre incazzati, qualunque cosa si dica o si scriva, credono sempre sia riferita a loro e guai a contraddirli, perché nel loro cervello, grande o piccolo che sia, hanno sempre ragione e immaginate quanto danno possano fare.
Chi sono costoro?
Sono i “nani”, non quelli a cui la natura ha negato lo sviluppo fisico, ma esseri umani che risentono inconsciamente della rotazione astrale ritenendo di essere loro stessi il sole.
Un “personaggio” del secolo scorso, in periodi di vacche grasse affermava: “Quannu u suli spunta, spunta ppi tutti”.
In molti hanno tentato di interpretare tale frase, dando valenze e interpretazioni le più bizzarre, ma nella saggezza popolare, il sole è lì, in alto e irraggia tutti senza fare distinzioni.
Ma quando il sole è basso cosa accade?
Quando il sole è all’alba o al tramonto, cosa succede? Amici miei, qui nascono i problemi.
Esiste una cosa che da sempre si contrappone al sole che noi chiamiamo “ombra” e che andiamo cercando specialmente nei “momenti caldi” per trovare riparo, ma quest’ombra è fatta da ostacoli che si contrappongono “all’irraggiamento solare” e credetemi, anche il più piccolo oggetto produce una sua ombra e se un “piccolo oggetto” sta a ridosso di un “oggetto più grande”, l’ombra dell’oggetto più grande contiene e protegge l’ombra dell’oggetto più piccolo e questo come direbbe Zichichi “è scienza”.
Quindi riflettiamo bene su questo fenomeno, c’è chi produce ombra e “sinni pria” e c’è chi si rifugia dentro l’ombra altrui e ne trae ristoro, concetti di una semplicità estrema.
In questa grande armonia del creato, in cui il sole sorge, giunge all’apice e poi tramonta, purtroppo dicevamo, ci sono i “nani”, coloro che approfittando dell’angolatura dell’irraggiamento solare all’alba e al tramonto, giocano a far sembrare la loro “ombra” e di conseguenza la loro statura, più alta del reale, ma per far in modo che tale effetto riesca, devono stare attenti ad attorniarsi di oggetti più bassi che possano si approfittare dell’ombra senza mai mettere in discussione “la millantata altezza”.
Qualcuno a questo punto mi dirà, ma stai spiegandomi il concetto di “mediocrità”?
Il teorema poteva esser dimostrato in tanti modi, ma una cosa è certa non siamo allo zenit per cui quel mitico sole avrebbe irraggiato tutti e non so se siamo all’alba di una nuova era o al tramonto di una grande civiltà, so solo che questo periodo è tempestato di “nani” e le loro ombre lunghe scompariranno a mezzo giorno, nel punto di massima altezza del sole o non appena questo sarà andato a coricarsi dietro l’orizzonte, facendo spazio alla luna permettendo senza ombra di scoprire la vera altezza e il valore delle cose.
Un abbraccio Epruno.
(Articolo pubblicato su www.ilsicilia.it 1/7/2017)